E’ presentando il suo libro Qualcosa là fuori che Bruno Arpaia ha tenuto una lectio magistralis su cambiamento climatico, neuroscienze e immigrazione. L’incontro, svoltosi al Salone Internazionale del Libro di Torino, si è aperto sulle note di Refugees dei Van der Graaf Generator.
Il romanzo, ambientato in un 2078 spaventosamente realistico, racconta la storia di una fuga: lo scenario è un’Italia desertificata e violenta dalla quale il protagonista – Livio – deve scappare, alla volta della penisola scandinava. Solo il clima dei paesi nordici, infatti, permette agli uomini di condurre una vita civilizzata.
“E’ un libro pieno di speranza, sia a livello collettivo sia a livello individuale”, afferma l’autore, pur dichiarando con sicurezza che la direzione in cui il mondo si sta muovendo è la stessa che ha portato Livio ad assistere al declino del mondo e alla sua deculturizzazione. Nonostante nella storia del pianeta siano stati innumerevoli i cambiamenti climatici, il fenomeno che si sta verificando sotto i nostri occhi è senza precedenti; per la prima volta, infatti, le cause non sono esterne: siamo noi.
Oltre all’interpretazione e alla presentazione del proprio libro, Bruno Arpaia si esprime – più in generale – sul fenomeno dell’immigrazione, definendolo un fatto normale e fisiologico per l’uomo, che fin dall’antichità ha sempre viaggiato e si è spostato a causa dei cambiamenti climatici.
L’unica arma a nostra disposizione per non ritrovarci nel 2078 descritto da Bruno Arpaia è la cultura: “è il solo strumento in grado di dare risposte complesse a sfide altrettanto complesse”, sostiene l’autore.
Marco Bulgarelli, Pietro Zappia e Aminata Sow, Liceo Vittorio Alfieri di Torino
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