La mia vita di narratore per ragazzi si è arricchita nel corso del 2020 di alcune grandi soddisfazioni. Una di queste la devo a un romanzo pubblicato nel 2019, I ribelli di giugno, entrato nel programma Adotta uno scrittore de Il salone del libro. Questo libro mi ha permesso di conoscere e incontrare – online – i ragazzi della scuola I.C.Balbis di Moretta, con i quali ho parlato del romanzo e di tutto il mondo che orbita intorno alla vicenda contenuta nelle sue pagine, ma con loro ho anche giocato. Si è trattato di un piccolo gioco da grandi. Un gioco da ragazzi, un gioco da adulti.
I ribelli di giugno racconta l’amicizia tra un ragazzino ribelle e un console ligio al dovere (il console generale del Portogallo in Francia, Aristides de Sousa Mendes, realmente esistito). I loro occhi si incrociano sopra il mondo bianco e nero – e per questo semplice e facile – di una partita a scacchi e da quel momento i due diventano amici e si “contaminano”: il ragazzo insegna al console a ribellarsi, il console trasmette al ragazzo l’importanza di piantare i piedi per terra e prendere posizione per le cose importanti. A fare da cornice a tutto questo c’è la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, il Portogallo di Salazar, le leggi ingiuste che in nome dell’interesse di stato tradiscono i principi fondanti dell’umanità.
Ecco, questo è l’argomento del gioco che abbiamo fatto, i ragazzi di Moretta ed io. Il gioco della politica delle nazioni, delle leggi spietate, delle discriminazioni. Abbiamo perso, abbiamo vinto.
In questo gioco, un po’ di ruolo e un po’ di simulazione, ai ragazzi di Moretta veniva assegnata un’identità etnica e sociale. Poi tra di loro venivano eletti due “governanti”, appartenenti alle due diverse etnie di una nazione inventata. Ciascuno dei due avrebbe proposto leggi (partendo da miei input ma rielaborati dai ragazzi) che il resto della “popolazione” avrebbe dovuto approvare o bocciare per alzata di mano. Ogni legge avrebbe influito su tre parametri che misuravano il polso della vita nella nostra nazione: Ricchezza, Benessere e Sicurezza. Scopo del gioco era portare questi valori più in alto possibile. A ciascuna legge, approvata o respinta, faceva seguito una breve narrazione da parte mia, in cui raccontavo eventi che avvenivano nella nazione: risvegli dell’economia, dissapori sociali, manifestazioni di piazza, criminalità, accordi internazionali, sviluppi artistici e culturali, ecc.
Poiché il gioco aveva lo scopo di mostrare ai ragazzi i pericoli presenti in un regime democratico e come anche una nazione democratica possa scegliere coscientemente di limitare i diritti della popolazione per ricercare un “bene superiore”, la situazione è peggiorata gradualmente. Un’etnia in particolare è stata soggetta ad attacchi più o meno specifici e questo ha prodotto un rimbalzo di rivolte e tensioni. Il risultato? Sono state proposte, votate e attuate leggi che hanno limitato i diritti di questa etnia “capro espiatorio”, è stato attuato un censimento che ha identificato gli appartenenti a questo ramo della popolazione, che poi è stata pesantemente discriminata ed estromessa dagli ambiti sociali, economici e politici. La nazione inventata di Morettania ha coscientemente adottato l’apartheid come formula sociale. Da brivido.
La professoressa Allietta, con cui mi sono rapportato e interfacciato per tutto il percorso dei tre incontri è stata splendida anche in questa fase. Dopo l’incontro “ludico” ai ragazzi è stato proposto di riflettere, rielaborare l’accaduto e lavorare. Hanno prodotto due documenti di gran valore: i dodici principi fondanti di Morettania e una nuova Costituzione. Un lavoro di grande importanza e impegno, che ha visto i ragazzi direttamente coinvolti (come si erano sentiti coinvolti durante l’incontro online via Meet, nel quale la chat è letteralmente esplosa per i loro commenti, le loro recriminazioni e le discussioni parallele che si sono sviluppate).
Insomma, ancora una volta i ragazzi che incontro mi hanno mostrato come siano più che competenti per affrontare qualunque discorso e percorso e non solo lo fanno con impegno, ma anche con entusiasmo. Il lavoro che hanno svolto mi ha colpito positivamente e ha mostrato quanto siano pronti a prendere in mano le proprie vite. Forse dovremmo davvero valutare di aprire una sezione del Parlamento a giovani governanti, almeno per far sentire la loro voce. E poi… sono entrati nella narrazione del gioco, ci si sono messi comodi, l’hanno fatta propria. Hanno incarnato ottimamente il precetto secondo il quale noi esseri umani siamo fatti di storie e di storie ci nutriamo. È stato un privilegio incontrarli, giocare con loro e creare insieme a loro la storia di Morettania. Sono molto grato alla professoressa Allietta e al programma Adotta uno scrittore. E sono molto grato a tutti loro.
Christian Antonini
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