Come si può raccontare con la musica ciò che le parole non trasmettono?
E’ questa la sfida che Davide “Boosta” Dileo, tastierista dei Subsonica e avido lettore, ha voluto intraprendere nell’incontro di Sabato 15, in occasione del festival Dedica di Pordenone, trascrivendo quattro dei libri dell’autore dedicatario Tahar Ben Jelloun.
Grazie al suo carisma, coinvolgendo il pubblico con linguaggio semplice ci ha condotto alla scoperta di vari aspetti della storia, della cultura e della religione marocchina, di cui i libri sono colmi, e che propongono quattro diversi punti di vista.
Partendo dal tema dell’emigrazione, Boosta descrive attraverso musiche etniche ed evocative dalle influenze elettroniche una parabola narrativa, che culmina con la storia della primavera araba e che termina, con più leggerezza, raccontando i classici stereotipi attribuiti ai marocchini.
Inizia così la sua introduzione musicale, con toni che richiamano melodie distanti, e quasi volendo essere un tributo all’autore ne vengono riportate le riflessioni, registrate durante un’intervista, sui temi affrontati durante la serata.
“Vorrei partire… vorrei partire. Partiamo da Partire.”
“Partire” è un romanzo che tratta temi importanti, come il disagio sociale, l’emigrazione, la felicità e l’infelicità: Azel, dopo aver lasciato la sua terra, è convinto di trovare altrove la speranza ormai perduta giungendo in Spagna. Le cose non sono destinate a cambiare, e lo sconforto morale e l’isolamento in una terra che non riconosce generano in lui una profonda ferita.
Sono note tristi che accompagnano questa storia, note che descrivono la malinconia del protagonista. La musica nasconde mille sfumature e sentimenti, che anticipano e si mescolano alle note dedicate a “Le pareti della solitudine”, secondo romanzo della serata, non certo più spensierato del precedente, il cui tema principale è l’islamismo.
Ma è il terzo libro che colpisce, i cui passi sono raccontati da Tullio Avoledo, scrittore, amico e collega di Boosta.
“Fuoco” narra della scintilla che da inizio alla Primavera araba e della storia di Mohamed, giovane laureato e disoccupato che riesce a far sentire la sua voce solo con un ultimo, disperato atto. In un crescendo di emozioni trasmesse dalla musica grave e impetuosa, alternata a toni dolci, melanconici e sommessi, la voce di Avoledo racconta la rabbia e la tristezza del protagonista.
Il risultato dell’interazione tra suoni e parole è sorprendentemente toccante e struggente, la collaborazione dei due è decisamente efficace, e riescono così a dar vita e forma alle parole scritte su carta.
La tensione emotiva raggiunta viene infine smorzata dalle risate suscitate dalla lettura di alcuni stereotipi attribuiti ai marocchini, che riescono addirittura a sovrapporsi a quelli associati a noi italiani, nonostante le distanze geografiche.
Così si è conclusa la serata, con un sorriso sul volto di tutti, a dispetto dei gravi temi che la musica ha saputo elaborare e affrontare.
Chiara Cozzarini, Francesco Lattanzio, Liceo Grigoletti Pordenone
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