I recenti fatti di Lampedusa, le “vittorie” di Rachid, appena laureatosi presso il Politecnico di Torino, conditi da molte letture fatte insieme in classe, hanno costituito il punto di partenza di un percorso che proseguirà nei prossimi mesi.
Quando ho proposto alla componente femminile della classe la partecipazione al Concorso, quella maschile ha obiettato e non me la sono sentita di escludere nessuno.
Di questi tempi vi assicuro che non è facile spingere i ragazzi a scrivere: noi insegnanti dobbiamo gareggiare con la tecnologia e non sempre si riesce a vincere.
Così ragazzi e ragazze hanno messo mano alle penne e credo abbiano delineato una realtà ormai comune a molte scuole d’Italia.
Qualcuno ha ripescato nei ricordi, nel quotidiano, per altri lo scrivere è stato un modo di denunciare le ingiustizie, per altri ancora uno sfogo, un buttare fuori le angosce legate a un vissuto pesante e impossibile da dimenticare.
Scrittura che consola e aiuta a crescere.
E’ il caso di Safaa, arrivata da noi cinque anni fa, le cui vicende personali continuano inesorabilmente a venire a galla, influenzando i rapporti, rendendole difficile, in certi momenti, il vivere quotidiano. Si potrebbe scrivere un libro.
La proposta di adesione al Concorso è stata fatta alla classe anche per aiutarla, indirettamente, a superare il nero che ha dentro. Il cammino è lungo e ci vorrà tempo.
Prof.ssa Maria Teresa Cravanzola, Istituto Comprensivo di Govone
E’ arrivata a Magliano insieme a mio zio Alessandro circa dodici anni fa, a fine anno.E’ cubana, e all’ epoca, era davvero molto giovane.
A Cuba le condizioni di vita sono molto diverse da quelle italiane: tantissima gente patisce letteralmente la fame, la povertà si fa sentire; l’ ho sentita anche parlare di malattie, che si sviluppano in caso di mancanza d’ igiene, o favorite dalla malnutrizione.
La gente laggiù si arrangia come può, anche perchè l’ economia non è delle migliori.
Così, quando Rosa è arrivata in Italia, era meravigliata da ciò che avevamo qui, perchè mi ha detto che laggiù, molte volte, aveva solo una banana da mangiare.
FABRIZIO STIRANO
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