Lei è Irlandese, originaria di Dublino, grande scrittrice e allo stesso tempo insegnante alla University College: Catherine Dunne, che con il suo ultimo romanzo ‘Un terribile amore’, ha venduto più di 100’000 copie in Italia. Oggi, al Salone del Libro, ci ha regalato la presentazione del suo ultimo lavoro. Affianco a lei, in veste di intervistatrice, Paola Mastrocola che, scherzosamente, confessa di non essere molto abile in questo ruolo. Mastrocola presenta il libro come un romanzo molto coinvolgente poiché costruito con un’alternanza di due storie di due donne diverse, Calista e Pilar, distribuite in capitoli anch’essi alterni. Questa alternanza si ripresenta anche in ambito temporale, poiché si tratta di un romanzo ambientato nel 1989 ma che lascia spazio a ricordi del 1960. Si tratta di due vicende differenti, ma unite tra loro per un senso di sofferenza causato da scelte d’amore, seppur diverse, entrambe sbagliate: Calista sceglie il matrimonio e si sposa con un uomo coetaneo da cui ha due figli; Pilar, invece, si innamora di un uomo più vecchio di lei e sposato.

Ma quanto un amore può essere terribile? Mastrocola introduce tre concetti: ‘violenza’, poiché entrambe le storie presentano più uomini violenti nei confronti delle loro donne; ‘sacrificio’, di sé stessi, per amore, ma anche dei figli; ‘rinuncia’, a sé stessi. Dunque la Dunne spiega da cosa sia nata l’ispirazione per il suo romanzo, totalmente inventato; lei sostiene,  infatti, che una storia non debba essere per forza vera, ma sembrare tale affermando di aver preso spunto principalmente da tre miti greci, quello di Agamennone e Clitemnestra, e Adone e Ifigenia. L’aspetto più significativo dei miti è che, per quanto siano antichi, letti con occhio moderno, questi possono rispecchiare i giorni nostri, poiché trattano preoccupazioni attuali.

L’altro aspetto a cui ha guardato e che si riscontra anche in questi miti, è l’epidemia di violenza nei confronti delle donne, le quali, in un primo momento, provano un senso di vergogna e responsabilità che le spinge a tacere, ma, solo dopo aver subito un certo numero di abusi, riescono a parlarne.  Poi Paola Mastrocola legge una delle pagine iniziali, che, pur descrivendo la fase di innamoramento delle due donne, lascia trasparire un senso di tragicità che diventerà più marcato nel corso della storia. Inoltre, nel romanzo, i due uomini sono presentati come personaggi egoisti e non è un caso che entrambi appartengano a famiglie ricche e potenti, come d’altronde nei miti greci. Motivo di violenza e arroganza, infatti, è la corruzione che deriva dal potere. Ma a cosa è dovuta la scelta di alternare due storie così diverse? Catherine spiega come talvolta i personaggi nascano da sé, a mano a mano che la storia viene scritta: mentre inventava la vicenda di Calista, sentì il bisogno di un ‘coro greco’ per metterla meglio in luce e così creò Pilar, donna più coraggiosa e indipendente economicamente, per cui dallo stesso errore, derivano conseguenze diverse. Infine, le due scrittrici si soffermano sulla scelta di Pilar, di usare uno pseudonimo, causa di sofferenza, ma allo stesso tempo salvezza per la donna, che le permette, paradossalmente, di essere sé stessa quando non lo è. Ciò è frutto di una società maschilista, in cui le donne vengono poco considerate nel lavoro e spesso sono costrette, dunque, a nascondersi dietro falsi nomi per non essere sottovalutate.

Celeste Paccotti, Alessandra Marcati Redazione Alfieri