“Forse l’universo è l’eterno ritorno alle nostre fragilità”, così viene introdotto l’incontro con Piergiorgio Odifreddi, matematico, scrittore, docente e curioso indagatore degli universi finiti e infiniti.

I ritratti dell’infinito sono molteplici, perché sono numerose le sue concezioni. Nell’intervento lo studioso ci ha dato una breve presentazione partendo da una concezione più umana e oggettiva, presente nelle relazioni affettive, passando per una artistica di Brunelleschi, Pollock, Dalì e tanti altri e finendo con la concezione matematica di Conway e dei numeri surreali. 

 

“L’eterno ritorno alle nostre fragilità”: siamo esseri limitati con mezzi di conoscenza finiti, non in grado quindi di raggiungere quelle verità che sappiamo esistere, nel profondo, poichè essendo esseri finiti non potremo “toccare” i limiti di qualcosa che non li possiede.

 

Potremo però sempre, o per meglio dire per la durata della nostra vita, godere dell’immensità delle stelle del cielo, anche se questo non arrecherà la stessa gioia che potrebbe portare la scoperta dell’ultima verità sull’infinito. Ci potrà dare di più, donarci qualcosa di impagabile: l’immensità e  l’inesauribilità che l’amore vero può dare.

Abbiamo la possibilità di sperimentare pochi altri tipi di infinito.

 

L’illimitabile, ciò che è senza limiti, che è sperimentabile nel Paradiso dantesco o nell’universo stesso, poichè, secondo gli scienziati, è finito sia dal punto di vista macroscopico che da quello microscopico. Macroscopico perchè non ci si può spingere oltre all’orizzonte degli eventi e microscopico poichè non esiste particella più piccola del quanto. Il pianeta su cui viviamo è esso stesso illimitato pur essendo finito poiché non ha confini e lo potremmo percorrere all’infinito, senza ostacoli. 

 

La pittura allieta il nostro animo tormentato mostrandoci l’indefinibilità, un altro ritratto dell’infinito, attraverso i quadri. Un esempio è Tempesta di neve di Turner che porterà l’arte dell’Ottocento a ciò che viene oggi definito Impressionismo, caratterizzato dall’indefinibilità che permette all’osservatore di dare una propria interpretazione personale all’opera, concetto fondamentale in ogni tipo d’arte. 

 

Si passa poi alle definizioni “impersonali”; la prima è arrivata a noi grazie ai pitagorici che studiando i lati e le diagonali del quadrato si sono accorti essere incommensurabili. Il lato e la diagonale non hanno infatti un’unità di misura naturale che li possa descrivere entrambi nello stesso momento. 

 

Sempre in Grecia, patria di grandi intellettuali, troviamo Zenone che con il suo paradosso più famoso, quello di Achille e della tartaruga, ci spiega il concetto di irraggiungibilità. Il paradosso del filosofo racconta di una gara tra i due dove Achille deve percorrere un segmento che non riuscirà mai a percorrere perchè, essendo il segmento formato da infiniti punti, percorrerà sempre la metà della metà delle varie parti del segmento non arrivando mai al limite che diventa quindi irraggiungibile. Con la fine del XIX secolo si arriva a rappresentare una curva all’interno di un quadrato. Si tratta della curva frastagliata di Koch, descritta da una lunghezza infinita e un’area finita, immagine che sembra non essere rappresentabile e proprio per questo incomprensibile. Con l’avvento della prospettiva di Brunelleschi ci si accorge di come le sezioni coniche, che sembrano completamente diverse tra loro, se disegnate in prospettiva appaiano tutte uguali. Ulteriore esempio è la geometria iperbolica secondo la quale esistono infinite rette parallele a una retta data passanti per un unico punto; dalla rappresentazione del “non finito” si arriva poi a Cantor e ad una prima definizione dei calcoli come addizioni e moltiplicazioni tra infiniti (omega) e a Conway, che ci ha introdotto ad una nuova concezione dei numeri e dei conti con gli infiniti, iniziandoci al concetto di numeri surreali che permisero lo svolgimento anche di operazioni come la divisioni, portando poi all’ultima rappresentazione che possiamo comprendere dell’infinito: l’incomprensibile.

 

Dall’incontro si può comprendere come molti problemi d’oggi risalgono alla difficoltà nell’accettare la dimensione emozionale dell’infinito e la dimensione esistenziale di finito, creando quindi limiti e imperfezioni.

“Infinito” è un termine infantile per descrivere un numero talmente grande da non riuscire a pensarlo e rappresentarlo, motivo per cui “nella nostra mente” lo percepiamo come infinito. Di fatto una fine l’avrà, ma noi siamo limitati e non riusciamo a percepirla e comprenderla.

Il nostro cervello è in grado di pensare, inventare, creare un’innumerevole quantità di idee, ma sono già tutte previste, esistono, poiché noi siamo parte di questo universo, siamo un pezzetto di esso e sottostiamo alle sue leggi. E’ già tutto finito e definito poiché già previsto dalle leggi dell’Universo, è solo il limite della nostra percezione ridotta dall’utilizzo dei nostri sensi, a permetterci di seguire una sola strada per volta. 

Michelle Anago, Sara Bonora, Agnese Davi, Liceo L.Ariosto, Ferrara

Desirèe Bindini, Supertutor