Amitav Ghosh parla di oppio. Oppio e indiani. Oppio, indiani e cinesi; un sacco di cinesi. Laureato all’università di Delhi, scrittore, giornalista e antropologo. Alla domanda “chi sei?” risponde con spiazzante onestà: io sono uno scrittore indiano che scrive in inglese. Limpido, bravo Amitav. Arriva sul palco della Sala Azzurra del Salone accompagnato da una traduttrice ed un’omina addestrata a somministrare domande di una lunghezza indescrivibile. Gran donna. Si arriva, ci si siede in scioltezza e si aspetta rassegnati un’ora fatta di descrizioni sul libro: personaggi, luoghi, cose, città; sai, faccio cose, vedo gente. E invece no, Amitav ci spiazza. Il fiume dell’oppio parla, udite udite, di oppio. Wow, sacre bleu. Oppio e guerre. Guerra e pace, quasi Tolstoj; ma c’è più oppio.

L’economia inglese è in crisi, crisi nera. Non ci sono soldi e non si sa come creare liquidità. La risposta è, di nuovo, oppio. Esportazione dell’oppio in tutto il mondo da una colonia britannica. Siamo a Canton, il più grande centro interculturale della Cina: gente che va, gente che viene. Ed il comune denominatore di tutto ciò è l’oppio (lo stiamo ripetendo un po’ troppe volte): il commercio completamente illegale di un prodotto che va ad arricchire le radici dell’impero coloniale inglese. Amitav crea un romanzo storico che, di facciata, in realtà, storico non è. Una montagna di informazioni di cui nessuno ha mai parlato che viene nascosta da una trama tutto sommato di contorno. Lo scopo del libro è proprio questo, parlare di una realtà nascosta ma estremamente importante per lo sviluppo di un intero capitolo della nostra storia.

L’autore crea una trama che vela dolcemente il suo desiderio di presentare un paragone con la realtà attuale: un momento di intenso benessere generale – forse troppo – che precede la tragica rottura dell’equilibrio, il quale collasserà poi in una guerra (in questo caso quella dell’oppio). Un romanzo che in realtà è un’enciclopedia sommaria del periodo. 7+ Amitav, promosso.

Federico Nejrotti
Fabiana Lorenzini

1D, Liceo Classico “Vittorio Alfieri”