L’incontro tra la scrittrice Michela Marzano, Andrea Bajani e Alice si è aperto con una domanda all’ospite: “Che ruolo hanno nella vita le parole?”. Le parole sono quasi tutto, ha risposto lei, ma per trovarle ci vuole molto tempo e una volta emerse si sente la necessità di donarle. E così si è arrivati alla neo-parola Proiessenza. Questa parola è nata pensando ai social network dove ognuno di noi si costruisce un’immagine, è insomma una “proiezione del mio falso se”. Michela Marzano appare d’accordo con la definizione data dai ragazzi delle parole, ma precisa che questo tipo di comportamento non è partito dai social network, ma che è quello che noi facciamo tutti i giorni, perché ognuno di noi sceglie cosa mostrare e cosa no di se stesso.
Questo argomento è stato collegato al libro della scrittrice “Volevo essere una farfalla”, autobiografico, in cui racconta la storia di una giovane Michela Marzano affetta da anoressia e disperata per la propria condizione. Infatti nonostante lei si sia esposta per raccontare alcune delle sue esperienze più intime e delicate, afferma di non aver scritto tutto, ma solo il necessario perché si capisse a sufficienza di cosa stesse parlando.
Perciò, questa proiessenza, è una cosa positiva oppure negativa? Pare che non si possa rispondere un semplice si oppure no, perché ci sono diversi livelli di proiessenza. Ci solo quelli che a forza di proiettare una falsa immagine di se non riescono più a non fingere e perdono parte della propria identità, quelli che riescono a trovare un equilibrio tra il mostrarsi e il nascondersi e infine coloro che non riescono ad occultare neanche una minima parte di se. La cosa migliore sarebbe trovare il giusto mezzo, concetto concepito da Aristotele ma applicabile ancora ai giorni d’oggi.
Sofia d’Alò – redazione permanente
Foto di Ornella Orlandini
Qui il commento di Alice, sul palco con Bajani:
“Prima di salire sul palco il cuore mi è salito in gola e mi rendevo conto di avere talmente i nervi a fior di pelle che se mi fossi lasciata andare alle mie emozioni avrei potuto avere un attacco di panico, potevo iniziare a piangere, come potevo scappare dandomi alla
macchia. Per fortuna non l’ho fatto, ho cercato tutto l’autocontrollo che avevo e ho cercato di stare calma. Sul palco ci si sente un po’ sospesi su un filo e se sbagli potresti cadere con trecento spettatori a guardarti… Ma per fortuna c’è “il paracadute Andrea Bajani” che quando sbagli ti aiuta ad attutire la caduta.”
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