Quanto siamo fortunati nella realtà in cui viviamo. Siamo liberi di essere e di esprimere noi stessi in ogni forma. Liberi di poter decidere della nostra vita indipendentemente da quello che le altre persone pensano di noi. Liberi di difendere e credere nelle nostre idee politiche, nella nostra fede, cultura, situazione sociale. Liberi di sognare e di fare il possibile perché i nostri sogni possano diventare realtà. Siamo liberi di pensare, essere, agire.Non sempre nel corso della storia e – ancora oggi – in diverse parti del mondo l’imprescindibile diritto ad essere uomini è stato e viene rispettato. L’esempio più eclatante è certamente il nazismo, ma non si devono dimenticare tutte le vittime di tante altre guerre, distruzioni, violenze e discriminazioni, sia fisiche che morali, sia del recente passato che del presente. La storia passata deve quindi essere fonte di consiglio della nostra coscienza. Non possiamo più pretendere di sbagliare e poi comprendere i nostri errori.

Dobbiamo uscire dal nostro guscio e diventare attivi custodi dell’umanità. Un’umanità che è rappresentata anche da noi: tante piccole gocce d’acqua che formano un oceano. E quindi ognuno di noi deve fare il possibile nel suo piccolo. Ad esempio proprio per evitare che situazioni contro la natura stessa del uomo non si creino più, credo che l’uomo d’oggi dovrebbe fermarsi e domandarsi: che effetti avranno le proprie azioni tra 10 minuti, 10 giorni, 10 anni; e soprattutto chiedersi come reagirà chi subirà gli effetti di queste azioni.

Si tratta quindi di cominciare a cambiare a poco a poco le nostre vite, a renderci parte attiva dell’umanità intera e non solo del proprio io. Il punto chiave per cominciare a debellare discriminazioni e violenze penso che sia l’accettare il diverso (da noi stessi).

Ogni grande evento – buono o cattivo che sia – nasce da tanti piccoli comportamenti che creano una data situazione. Se cominciassimo, quindi, a capire, accettare, immedesimarci negli altri, tralasciando pregiudizi e timori, comprenderemmo veramente le persone che abbiamo davanti.

Tutto ciò é fantastico ma per riuscirci dobbiamo compiere un piccolo-grande gesto interiore: mettere in secondo piano le nostre idee e l’egocentrismo insito in ognuno di noi. Può non sembrare semplice, ma dobbiamo riuscirci: sono questo può favorire il riavvicinarsi gli uni agli altri, a radunare sotto un unico bene comune il popolo dell’umanità intera. Nel 1989 fu abbattuto il muro che divideva gli stati: quand’è che abbatteremo il muro che divide le persone?Dobbiamo avere il coraggio di non farci intimorire dagli altri e prendere coscienza di come le differenze di ogni tipo non siano separazioni, ma semplicemente pennellate di uno stesso grande quadro. Ogni giorno, in ogni luogo cominciamo quindi a non giudicare più gli altri, ma domandiamoci cosa possiamo imparare dalle altre persone.Spesso scegliamo le relazioni più facili e utili a dispetto di altre più lontane e complicate, le idee più simili alle nostre piuttosto che quelle diverse. Ricordiamo però che ciò che sembra semplice forse non è ciò che è meglio, e che quando ci apriamo agli altri con il dialogo non sarà mai una perdita perché così facendo invece che avere solamente la propria idea ne avremo ognuno due o più. I tedeschi – quelli dell’eccidio di milioni di ebrei, testimoni di Geova, omosessuali, zingari – separati fisicamente per quasi trent’anni, riunitisi hanno saputo “risorgere” dalla cupidigia per tornare in pace ad essere cittadini di un unico popolo.

Ho inizialmente sottolineato la fortuna e la libertà che abbiamo in questa parte del mondo; da ciò derivano una tranquillità e una serenità che rappresentano una parte importante dalla quale I nostri passi alla ricerca di nuove modalità per agire concretamente e per far progredire nel verso più corretto la realtà sociale in cui viviamo. Ma come agire concretamente? Ecco alcuni aspetti che ritengo interessanti.

Andare a fondo delle notizie.

Al giorno d’oggi siamo raggiunti da un’immensa quantità di notizie riguardanti ogni evento presente o passato; il modo in cui la realtà ci viene esposta non è però sempre il più veritiero e spesso le fonti di informazione cercano di far valere la propria posizione e non l’oggettività dei fatti, portandoci molto spesso a credere in qualcosa di non vero o di vero solo in parte. Concretamente si potrebbe, quindi, cominciare ad approfondire meglio ciò che accade intorno noi, comprendendolo a fondo, andando oltre il velo di apparenza delle cose. Dovremmo cioè avere una capacità di lettura critica dei fatti che avvengono: attraverso un’attività di ricerca – anche tramite i nuovi media – valutare i diversi punti di vista e individuare quelli più vicini alla realtà. Questo modo di porsi di fronte agli avvenimenti è un approccio che a partire dalla verità mira a creare le basi di un’autentica libertà. Io credo che è con questa coscienza e con questo approccio che dovremmo affrontare un mondo in continuo cambiamento e gli avvenimenti passati.

Approfondire quello di cui nessuno parla.Vi sono poi molteplici avvenimenti ai quali i media dedicano poco spazio e di cui si parla poco, come le brutali guerre e violenze ancora in corso in diverse parti del mondo. Ci sono alcune situazioni per le quali – una volta che si spengono i riflettori dei servizi televisivi o di reportages giornalistici – è come se non esistessero più. Ad esempio dall’ultimo rapporto sulle guerre dimenticate pubblicato da Medici Senza Frontiere emerge che nel corso del 2011 sono state dedicate solo 41 notizie a livello nazionale sulla peggiore siccità degli ultimi sessant’anni che ha colpito la Costa d’Avorio. Mentre paradossalmente le notizie che hanno riguardato le nozze reali di Wlliam e Kate sono state ben 413.

Oppure un’altra sottolineatura in tal senso può essere rappresentata dai piccoli casi di sofferenza non dichiarata che possiamo riscontrare nelle nostre città. Si pensi ad esempio alla situazione di emarginazione (mancata conoscenza della lingua, relazioni limitate alla sola sfera familiare) che riguarda una parte significativa delle donne immigrate che per rincongiungimento con il proprio marito si sono trasferite nelle nostre città.Anche di queste situazioni nessuno parla, anche perché le dirette interessate non hanno le parole e I luoghi per farlo; e chi potrebbe farlo (I mariti o i conoscenti) preferiscono mantenere lo status quo, molto spesso anche per convinzioni culturali e convenienza personale.

Capisco quindi condivido.

Il passo successivo diventa quindi quello di fare in modo che le informazioni ottenute, ma soprattutto il metodo per ottenerle, possano diventare un bagaglio condiviso con il più ampio numero di persone possibile. Una sfida per il future, quindi, può essere la ricerca di luoghi e/o mezzi per dialogare e condividere le proprie riflessioni su questi temi; penso allo sforzo personale di trattare queste discussioni impegnative anche in contesti di contatto reale e virtuale tra giovani: una serata tra amici, la promozione di discussioni su social network, blog, community.

Di sicuro in tal senso un’esperienza significativa può essere rappresentata da un’occasione di incontro tra giovani provenienti da territori differenti, aventi opinioni e culture diverse, ma tutti motivati a dare un segno positivo alla realtà in cui vivono e di cui saranno sempre più protagonisti. Proprio quello che ritengo si ponga come obiettivo il “Treno della memoria”: un’esperienza di concretizzazione di un autentico ideale, di cui vorrei sinceramente fare parte.

Riporto per  concludere un concetto che mi ha molto colpito, ripreso da un’intervista  pubblicata il 9 novembre 2012 al noto regista Oliver Stone, il quale ha recentemente ultimato un lavoro cinematografico di rilettura della storia della sua azione; si tratta di un concetto che credo sia un po’ l’essenza di quanto ho esposto fin qui: “chi studia la storia lo deve fare attraverso gli occhi dei cinesi, come dei russi o degli afghani. E solo quando sapremo farlo, saremo parte della comunità umana”.

Matteo Qualizza 4G

Antologia della Memoria realizzata dai ragazzi del Liceo Scientifico Grigoletti di Pordenone