Il tempo trascorre inevitabilmente, giorno dopo giorno, e tutto muta, niente rimane inalterato. Ci sono oggetti, piante, forme che notiamo cambiare di settimana in settimana, alcune di mese in mese, altre di anno in anno (come la fronda di un albero) e altre ci paiono immutabili: nulla di più errato. Una casa, un edificio ci sembrano inalterabili ma non lo sono, un ingegnere lo sa molto bene; i nostri ricordi ci sembrano vivi e floridi e quindi difficilmente archiviabili negli antri remoti della nostra mente e quindi: perché fissarli in una “memoria esterna”? In realtà basta riflettere un momento per rendersi conto che la nostra memoria è terribilmente labile, continuamente deve scartare delle informazioni per trattenerne altre che magari scarterà fra qualche mese. Tutto ciò non vuol dire che dobbiamo annotarci quando siamo andati a fare la spesa, quando abbiamo tosato l’erba o potato l’albicocco in giardino, dovremmo invece annotarci alcuni pensieri, emozioni, ricordi di giorni particolarmente importanti della nostra vita o che semplicemente ci hanno colpito; a maggior ragione se la nostra vita include esperienze strettamente connesse alla storia nazionale o addirittura globale. Niccolò Machiavelli sosteneva che la storia si ripete ciclicamente, da ciò deriva il concetto che la storia va studiata per evitare che tutti gli errori commessi vengano dimenticati e riaccadano in epoche successive. Questa teoria di Machiavelli va chiaramente rivista poiché la storia non si ripete identica a se stessa, alcune tendenze e idee purtroppo sì: quante stragi si sarebbero evitate se la storia fosse stata studiata più intensamente! Questa disciplina però non ha ragione di esistere se vengono intavolati i famosi dibatti de “la storia con i se”, espressione ormai abusata. Una tendenza prima accennata che sembra realmente ripetersi, o, per meglio dire, che non si è mai spenta nella storia, è il razzismo con tutte le implicazioni che seguono. In varie parti del mondo in questo stesso istante alcune persone vengono perseguitate, per le motivazioni più varie, costringendole a ritirarsi in alcuni determinati luoghi, fondamentalmente “i nuovi ghetti”. Sulla presunta nascita del razzismo è necessario almeno accennare. La prima fonte che testimonia questo insensato disprezzo proviene da una traduzione in latino della Bibbia, nel passo dove viene descritta la regina di Saba come “bella enera”, dove il traduttore, per errore o volutamente, tradusse, dall’ebraico, la congiunzione coordinante “e” con la congiunzione avversativa latina “sed”, la regina divenne quindi “bella manera”. Da questo momento nasce il razzismo, idea condivisa da tutti gli uomini bianchi, basata fondamentalmente sulla paura per il diverso, che neppure gli illuministi, portatori del valore della fratellanza, riuscirono ad attenuare anzi, il noto Voltaire inasprì le malelingue sulla razza nera sostenendo che quest’ultima era il risultato di un animalesco accoppiamento con le scimmie (concetto utilizzato anche per giustificare la particolare vigoria e potenza muscolare che questa stirpe possiede tuttora) ma non solo, Voltaire definì la gente ebraica “popolo barbaro e crudele” enfatizzando l’odio popolare verso questa ricca gente. All’Illuminismo seguì il Romanticismo, altro importante movimento artistico – letterario, che, tra l’altro, infervorò gli animi degli europei tanto da gettare le basi per il Patriottismo, che purtroppo sfocerà nel Nazionalismo del XX secolo. Se osserviamo la storia della Germania notiamo che in questo particolare Stato il sentimento patriottico è sempre stato molto sentito dai cittadini, anche se lo stato unitario mancava; da qui al nazionalismo tedesco il passo fu molto breve. Un popolo unito saldamente e guidato da un leader apprezzato è la definizione perfetta per grandi guerre contro le altre Nazioni, considerate inferiori al proprio confronto. Perché uno Stato si deve sentire superiore agli altri? Ma soprattutto perché occorre necessariamente fare tutto il possibile per sottometterli? La storia descrive le tristi risposte a questi interrogativi. Chiaramente il popolo ha un’importanza fondamentale in tutto ciò: se il leader ha uno scopo, ci arriverà solo grazie all’aiuto della sua gente fedele. Se bisogna eliminare i “diversi”, deboli e senza diritti rispetto ai cittadini, all’interno dello stato occorre aumentare questa paura del diverso, malelingue e leggende popolari faranno il resto. Basta esporre manifesti dove vengono segnalate le caratteristiche fisiche degli ebrei, volutamente esagerate e ripugnanti, per distinguerli dai normali cittadini, per terrorizzare la gente comune invidiosa dal Medioevo delle ricchezze economiche delle famiglie ebree e infervorata dal disgusto verso i nomadi zingari dai denti d’oro che si muovono sempre in gruppo, forse per nascondere qualcosa, oro sicuramente; infine il disprezzo verso gli omosessuali, gente senza pudore cristiano. Questo tremendo meccanismo è stato accuratamente oliato negli anni e ora basta poco per avviarlo. Gli uomini, in quanto appartenenti al forte sesso maschile, devono dimostrare la loro forza e niente li ferma dal violentare fragili ragazze delle “razze inferiori”, solo per mostrare il loro animo ferino. Tutta la nazione è soggiogata e abbindolata da queste idee; se rimane ancora qualcuno che la pensa diversamente quest’ultimo, deve tacere, un meccanismo così perfettamente funzionante non può sgretolarsi per una ruota dentata poco oliata. Noi possediamo tutte queste informazioni perché i volenterosi superstiti di quell’epoca hanno raccontato e fissato in una “memoria esterna” quello che avevano visto e sentito, non senza ulteriore fatica. I fortunati sopravvissuti, appena rientrati in patria, nelle loro case (se esistevano ancora), non hanno raccontato ai media di allora tutta la verità, come noi ci aspetteremmo; le prime interviste e libri sono arrivati almeno dieci anni dopo. L’orribile esperienza subita nei terribili campi di concentramento non solo li aveva azzittiti: la paura, il pudore e l’immensa sofferenza nel ricordare fecero calare il silenzio sulle loro esperienze. I loro compatrioti inoltre, sentendo ciò che raccontavano i deportati appena rientrati, non li credevano e si offendevano perché anche loro avevano vissuto la guerra, anche loro avevano sofferto la miseria e il freddo, anche loro avevano vissuto la paura dei bombardamenti e dei soldati armati: le esperienze dei deportati, quindi, non erano state molto diverse dalle loro e poiché loro stessi non ne parlavano perché gli ex-deportati dovevano farlo? Ironia della sorte: non erano bastate le sofferenze nei campi di concentramento, ora i compaesani non li credevano, li sminuivano e li azzittivano. Fortunatamente i tempi cambiarono, la paura nel ricordare si affievolì, e la verità venne diffusa. Ora è realmente comprensibile l’importanza fondamentale che questi ricordi e racconti hanno per noi, il loro aiuto è stato e rimane fondamentale per capire approfonditamente la storia e per evitare che tutto ciò riaccada in futuro. Il nostro dovere è riportare tutte queste informazioni alla generazione che ci seguirà, e quest’ultima alla generazione successiva ancora. Come già affermato, alcune tendenze e idee nella storia non tramontano mai, anche se cambia la società e le regole che questa impone ai cittadini, ma è proprio questo il maggiore problema: una nuova società può elaborare in maniera completamente diversa queste tendenze, creando terrificanti meccanismi che non sempre vengono riconosciuti in tempo da renderli immuni, come un virus. Studiare la storia è anche questo: una particolare missione umanitaria per i posteri al fine di proteggere noi e gli altri dalla furia umana, la cui presenza è stata sperimentata ormai troppe volte.

Riccardo Tesolin 5E

Antologia della Memoria realizzata dai ragazzi del Liceo Scientifico Grigoletti di Pordenone