Sala piena, nessuna sedia vuota. E’ cosi che si apre il nostro primo incontro al Salone del Libro. E’ stato davvero piacevole vedere quanta affluenza ci fosse e quanto fosse eterogeneo e multietnico il pubblico, cosi desideroso di conoscere una realtà culturale diversa dalla propria. L’intramontabile Pablo Neruda, Roberto Bolaño, Pablo de Rokha. Forse pensando alla poesia cilena, questi sono i primi nomi che ci potrebbero venire in mente. Ma non sfigurano certo anche Antonio Arévalo e Raúl Zurita, il quale non ha esitato a raccontarci la meravigliosa storia del suo primo approccio con l’Italia. Questo poeta è stato cresciuto dalla madre e dalla nonna, persona innamorata della cultura italiana, in particolare della pittura e, per quanto riguardo la letteratura, della Divina Commedia. È così che sono nate in lui la passione e la curiosità che lo hanno portato ad affrontare un’impresa “ardua, ma allo stesso tempo affascinante”, come egli stesso ha dichiarato: la traduzione dall’italiano allo spagnolo dell’intramontabile opera dantesca. “Mentre scrivevo, avevo il suono della voce della nonna che mi parlava della Divina Commedia”, afferma Zurita, il quale ha inesorabilmente instaurato un profondo rapporto con l’Italia.
Al di là di ogni aspettativa, la letteratura cilena è riuscita comunque a dimostrarsi estremamente vicina a quella italiana, superando qualsiasi ostacolo, sia temporale, sia geografico.
Caterina Marzocchi e Margherita Mastellari
Liceo Ariosto, Ferrara
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