Per colonialismo digitale si intende la pretesa che la tecnica sia considerata come un destino, che ciò che può essere digitalizzato debba esserlo per forza. Al di là della ridondanza e della retorica colonialista, i nodi cruciali del dibattito sulla digitalizzazione sono molteplici. Risolvendo la dicotomia tra iPad e eReader dedicati concludendo che i secondi verranno assorbiti dai primi, nel senso che sarà la necessità del multitasking a dominare, è quantomeno problematico garantire alla lettura gli spazi e i tempi protetti di cui necessita. L’ambiente digitale è di per sé un ambiente distrattivo che offre possibilità e potenzialità diverse con sollecitazioni e interferenze frequenti che frammentano le informazioni. La mancanza di compattezza aumenta le distrazioni causate dalla struttura stessa interna al testo: la costruzione di un libro richiede un progetto che sia il più lineare possibile, gli ipertesti ne sono per eccellenza la negazione. La rivoluzione digitale non è da affrontare in un’ottica apocalittica: la tecnologia, a differenza della carta, non produce analfabetismo di ritorno perché la sua fruizione è strettamente legata alle dinamiche e alle relazioni sociali che il singolo intrattiene, permette l’acquisizione di moltissimo materiale grazie alla quantità di testi che rende disponibili e aiuta a sviluppare le facoltà critiche grazie ad uno scambio continuo di opinioni che, anche se a volte produce livelli di violenza e polemica spropositati, non assume mai le caratteristiche di un accumulo quantitativo o nozionistico. Roberto Casati non si definisce luddista, ma sicuramente è, in questo senso, un anticapitalista. La creatività è l’arma più potente con cui difendersi e riscoprire la pratica del riuso per imparare a riciclare, per risvegliare la nostra capacità di utilizzare gli strumenti. Le tecnologie non vanno subite, ma reinventate. Dal design all’uso stesso di un prodotto, il consumatore può manipolare lo strumento digitale e padroneggiarlo riducendolo a sé secondo le sue necessità. Rifuggendo un generico concetto di modernizzazione è necessario riacquisire la capacità di lavorare con contenuti complessi accedendo all’informazione per costruire le proprie conoscenze sulla base di un lavoro indipendente di rielaborazione personale. Ripensare la tecnologia significa curarsi della nostra vita mentale che rischia di essere pesantemente aggredita dalla digitalizzazione.
Irina Aguiari
progetto Galeotto Fu Il Libro
liceo Ariosto, Ferrara
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