L’arrivo di Tahar Ben Jelloun è stato preceduto da un vociferare: “È arrivato! È qui!”.
Dopo pochi secondi era già sul palco dell’aula magna con noi ragazzi della 2ªA del liceo Alfieri. Abbiamo scambiato qualche parola. È stata fatta qualche foto.
Intanto mi sono presentato e gli ho confidato che ero un po’ agitato perché avrei dovuto introdurre il suo libro, sul quale noi studenti avevamo lavorato. Qualche stretta di mano ed eravamo già partiti. Video di introduzione sulla primavera araba, Camilla che presenta con il suo discorso i dati principali della rivoluzione e subito dopo è toccato a me.
Il discorso che ho pronunciato è stato pressoché questo:
Come è stato detto da Camilla, le principali ragioni che hanno scatenato la primavera araba sono state la povertà diffusa e la frustrazione dovuta alla corruzione dilagante.
Nel libro di Tahar Ben Jelloun ritroviamo entrambi gli elementi a tormentare e rendere invivibile la vita quotidiana del protagonista.
La vicenda descritta in Fuoco è ispirata a una storia vera, la storia di Mohamed Bouazizi. Mohamed è un giovane, ha meno di trent’anni, nato in una famiglia povera, suo padre è morto da poco, vive con la madre, malata di diabete, e i suoi tre fratelli.
Mohamed è laureato ma non riesce a trovare lavoro e questa situazione lo affligge fino a suggerirgli un primo gesto di disperazione:
“Tirò fuori una vecchia cartellina nascosta nell’armadio della biancheria, la svuotò di tutte le carte e i documenti che conteneva, compreso il diploma di laurea, fece un mucchietto nel lavandino e bruciò tutto. Guardò le fiamme divorare le parole; come per caso non attaccarono il suo nome e la sua data di nascita. Con un pezzo di legno rianimò il fuoco fino a che tutto divenne cenere. Sua madre, allarmata dalla puzza, si precipitò: “Ma sei impazzito?! Che senso ha bruciare il tuo diploma? Come potrai fare domanda per un posto da insegnante adesso? Tre anni andati in fumo”. Lui non rispose, raccolse la cenere, la buttò nella spazzatura, pulì il lavadino, si lavò le mani e se ne andò”.
Ha deciso di affrontare a muso duro la dura realtà: per mantenere la famiglia prende il carretto che era del padre e si improvvisa venditore ambulante di frutta. Si accorgerà presto, però, che delinquenza e corruzione ostacolano ogni iniziativa e, non volendo stare al gioco dei tanti prepotenti , verrà più volte preso di mira e umiliato sia dalle forze dell’ordine che dai venditori concorrenti.
Mohamed ha una ragazza, di nome Zineb, desiderano sposarsi ma sanno entrambi che ancora per lungo tempo non sarà possibile.
La situazione precipita definitivamente quando, senza alcuna ragione, gli viene sequestrato il carretto e con esso ogni speranza di riscatto.
Stremato e indignato, Mohamed va al Comune per parlare con il sindaco. Viene respinto più volte in malo modo e alla fine, in preda alla disperazione più cupa, dinanzi al Comune si cosparge di benzina e si dà fuoco. E’ il 17 dicembre 2010.
“Chiese un’ultima volta che il sindaco lo ricevesse. Rifiuti e insulti. Il portiere lo spinse col suo manganello e lo fece cadere. Allora Mohamed si rialzò in silenzio. Andò proprio di fronte all’entrata principale del comune, tirò fuori la bottiglia di benzina dalla borsa, se ne bagnò dalla testa ai piedi, fino a che fu vuota. Poi, accese il suo accendino Bic rosso, guardò un secondo la fiamma e se l’avvicinò ai vestiti.
Il fuoco divampò immediatamente. Pochi minuti. La folla accorse. Il portiere del Comune si mise ad urlare. Cercava di spegnere il fuoco col suo cappotto. Mohamed si trasformò in una torcia.”
Mohamed è divenuto il simbolo della rivoluzione. Nella sua figura leggiamo frustrazione, umiliazione e disperazione.
Conclude l’autore “La storia di Mohamed è la storia di un uomo semplice, come ce ne sono a milioni, che, a forza di essere schiacciato, umiliato, negato alla sua vita, è diventato la scintilla che infiamma il mondo”.
Dopo l’introduzione a ‘Fuoco’, è stato il momento dell’incontro vero e proprio. Per lo scrittore marocchino avevamo preparato alcune domande, quelle che ritenevamo più interessanti per noi giovani. Tahar Ben Jelloun ha risposto in modo esauriente ed ha toccato temi molto importanti.
Al termine della giornata Jelloun ha salutato tutti con un po’ di affanno perché si doveva dirigere di corsa alla stazione per prendere un treno.
Posso affermare di aver passato una giornata molto stimolante grazie al salone off e ora ho la mia copia autografata di ‘Fuoco’.
Alberto Morena (2A), Liceo Classico Vittorio Alfieri
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