Poco tempo, tanto da fare e tanta voglia di farlo. Con questo spirito abbiamo accolto l’opportunità che ci è stata offerta dalla nostra scuola, il Liceo Classico Alfieri, con la partecipazione del “Salone off”. Insieme ai nostri compagni, ai ragazzi della “Scuola Holden” di Torino e ai membri del “Salone del Libro” abbiamo avuto la possibilità di conoscere ed intervistare uno scrittore di fama mondiale: Tahar Ben Jelloun.

In particolare ci siamo soffermati sul suo romanzo Fuoco e sul tema della Primavera araba; un tema di cui non si parla più tanto, ora che il fenomeno non è più nell’occhio del ciclone e di cui molti, in realtà, non sanno quasi nulla. Questa esperienza, invece, ci ha permesso di scoprire molti più aspetti della Primavera araba e di comprendere che, ancora oggi, molti dei diritti fondamentali dell’uomo non sono rispettati in Paesi poco lontani dal nostro e con i quali l’Italia ha diversi rapporti.

Il lavoro svolto insieme e le risposte di Ben Jelloun, però, ci hanno anche aiutati a capire  quale sia il metodo da utilizzare quando si vuole raccontare una storia così drammatica e vera, la storia che ha dato origine alla “rivoluzione dei gelsomini”.
La storia di Mohamed, infatti, è la storia di un eroe dei nostri giorni, di un giovane come molti di coloro che hanno partecipato alle rivoluzioni nei paesi nord-africani, il quale, privato di un futuro e della sua vita, disperato, si è dato fuoco davanti al Comune.

E’ il 17 dicembre 2010 quando in tutto il mondo arabo, sconvolto dal drammatico gesto di Mohamed, divampa un fuoco ancora più grande, scaturito dalle fiamme che stanno distruggendo il corpo del giovane tunisino, e smuove gli animi di tutti.

Tahar Ben Jelloun racconta la storia di Mohamed Bouazizi con uno stile molto semplice e con estrema umiltà, senza diventare come quel produttore cinematografico che, come leggiamo alla fine del romanzo, tenta di comprare la vita di Mohamed, non accorgendosi che, metaforicamente, accanto al suo corpo, steso nella piazza, vi erano altre centinaia di persone, le quali erano state torturate e uccise dai loro governanti. E’ questa la lezione più importante che abbiamo imparato, ascoltando le parole di Tahar Ben Jelloun: se si vuole raccontare un fatto del genere bisogna essere umili e rispettare chi si cela dietro ad un simile gesto, senza assumere il comportamento dei giornalisti di cronaca nera che talvolta sembrano voler alimentare la morbosità delle persone.

 Eleonora Gatto, Sonia Napolitano, (II A) Liceo Classico Vittorio Alfieri