Nella società moderna dilaga la critica. Si diffondono sempre più rapidamente termini come “società liquida” o “non luogo” e altrettanto rapidamente spariscono. Altre parole rimangono, come “difesa del mondo” e “libero mercato”, mentre altre ancora, benchè positive, sono a rischio, si consumano in fretta, come la parola “decrescita”. Proprio per dimostrare la profondità nascosta di questo progetto e la sua intrinseca diversità, l’economista e filosofo francese Serge Latouche propone una collana sui “precursori” di questo fenomeno. La collana nasce allo scopo di accogliere il pensiero di diversi autori, da Epicuro, primo teorico dell’autolimitatezza, fino a Berlinguer (efficacemente descritto da Giulio Marconi, autore del commento alla sua opera “discorsi sull’austerità”) e ai romanzieri, filosofi e politici contemporanei, che proprio sulla decrescita, pur indicandola con altre parole, hanno incentrato la propria ricerca. La decrescita, spiega Latouche, nasce come slogan contro l’assurdità del progetto dell’economia capitalista, il cui unico irrazionale scopo è una crescita infinita.
A parere dei “pensatori” della decrescita, infatti, la società moderna sta attraversando un periodo di crescita insostenibile, basato su tre malsani fattori di illimitatezza: la produzione, il consumo e i rifiuti, mascherandoli sotto l’illusione di uno sviluppo sostenibile. Quello dello sviluppo sostenibile è uno dei più grandi controsensi della nostra epoca. La crescita, come attualmente la intendiamo, è male. La storia dell’umanità, infatti, non è una storia di crescita infinita. La natura ha imposto un limite da non sorpassare all’uomo e alle altre creature, ma nella modernità la società occidentale si è posta in una situazione di eccesso generale, quella che i Greci, spiega Latouche, avrebbero definito “ubris”, tracotanza.
Tuttavia, nonostante la riconoscibilissima correttezza di queste affermazioni, da buoni consumisti quali siamo, ci viene spontaneo chiederci: ma perchè leggere una collana sui precursori? Latouche tenta di risponderci, in un italiano che persino un madrelingua invidierebbe, che solamente leggendo direttamente il pensiero dei diversi autori, rapportandoci direttamente con loro, possiamo persuadere, prima di tutto noi stessi e successivamente anche la nostra realtà, a ritrovare i limiti perduti e a impegnare noi stessi nella ricerca dei mezzi con cui ripristinare un legame con la nostra terra madre, che troppo a lungo e ingiustamente abbiamo vessato inseguendo il nostro ideale di progresso. Per quanto ci riguarda, siamo state completamente convinte.
Federica Giuliano e Federica Rolfo
Redazione Alfieri, Torino
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