“L’indignazione è maggioranza, ma non è nulla a livello istituzionale”
Questa frase, pronunciata da Salvatore Settis, circa un anno fa al Salone del libro, è stata l’input che ha permesso a Livio Pepino e Marco Revelli la realizzazione del saggio “Grammatica dell’indignazione”. Questo tratta della capacità di articolare le parole e quindi la possibilità di esporre la propria indignazione con una certa progettualità.
Venerdì 9 maggio, al Salone del Libro, i due autori hanno discusso della loro opera con Giovanni De Luna e Loredana Lipperini. Mentre lo storico si è concentrato sul regresso della cultura, chiamato carestia morale, e sul pensiero unico resistente dell’indignazione la giornalista ha sottolineato il fatto che i due problemi che principalmente si notano nel presente sono l’assenza di parole, di memoria e la perdita di comunità, paragonando il tutto con il buco nero della sfera pubblica. Inoltre De Luca ha proposto una divisione dell’opera in tre parti: diagnosi del problema, terapia e strumenti per l’operazione risolutiva. Nella diagnosi si sofferma sul concetto di pensiero comune che ha una grande stabilità pur esistendo in epoca di forte confusione politica.
A questo punto la parola passa a Loredana Lipperini, la quale crede che l’indignazione sia inchiodata ad un eterno presente in cui la memoria è a breve termine, si lotta un giorno per un ideale e un giorno per un altro senza crederci veramente. Le parole non ci sono più e senza di esse è impossibile comunicare la propria indignazione, ma soprattutto la scrittrice tiene ricordare la più grande perdita del presente: quella della comunità, iniziata a suo parere quando Margaret Thatcher disse che ognuno deve pensare per sé perdendo quindi la capacità di pensare insieme, come una vera e propria comunità.
Erica Marangoni & Andrea Santamaria
Redazione Alfieri
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