Quando parliamo del passato, pensiamo sempre che esso stia alle nostre spalle, mentre il futuro sia qualcosa che ci corre davanti. Al contrario, ci racconta Elena Loewenthal, mediatrice dell’incontro, nella Bibbia l’orientamento del tempo è esattamente il contrario, poiché in ebraico il passato ci sta di fronte e il futuro, invece, rimane alle nostre spalle per la sua enigmaticità.
Cos’è un classico al giorno d’oggi? Ha senso riproporre sempre nuove traduzioni di uno stesso testo? Durante l’incontro hanno brillantemente risposto Nuccio Ordine, Luciano Canfora, Ernesto Franco e Renata Colorni, che hanno esposto il loro modo di approcciarsi ai testi, di rendere vive parole e idee di autori che, se non venissero tradotti, rimarrebbero sconosciuti per sempre. Ogni traduzione, inoltre, porta con sé qualcosa che le precedenti hanno tralasciato, porta alla luce dall’abisso che è il testo originale una piccola pietra preziosa. Perciò ha senso proporre sempre nuove versioni di uno stesso classico, poiché ogni ritraduzione è fonte di arricchimento, riesce a colmare i gravi silenzi dei testi. Non esiste, sottolinea Canfora, una sola traduzione giusta, ma ognuna trasporta qualcosa che nelle altre è taciuto o inevitabilmente perduto.
Tradurre è una parola che deriva dal latino, così come “tradizione”. Traduzione e tradizione sono due concetti strettamente connessi, perché entrambi suggeriscono l’idea di un trasporto, di un passaggio, di un cambiamento. La traduzione non è mera conservazione, ma implica un rinnovamento e una modificazione dall’originale che è stimolante e inevitabile. I traduttori, veri e propri artigiani della parola nonché scrittori a tutti gli effetti, giocano con le lingue per poter raccogliere il massimo dalla versione originale, pur sapendo che dovranno perdere qualcosa durante questo attraversamento; ma che fine fa questo “qualcosa” che lasciano dietro di sé? L’invito dei relatori era rivolto proprio alle nuove generazioni, alla gioventù del futuro, affinché riscopra l’importanza di raccogliere e dare maggior spazio ai “detriti” che i traduttori precedenti hanno abbandonato alle loro spalle.
Perché i traduttori praticano un’arte sospesa fra invisibilità e silenzio, e sono facilmente paragonabili a trapezisti che si lanciano nel vuoto per far ricordare a tutti la spettacolarità del loro salto, sperando che un giorno qualche altro coraggioso artista circense cercherà di seguire le loro orme e migliorare ancor di più quel volo nell’ignoto.
Matteo Erli e Chiara Astancolli
Liceo classico “L. Ariosto”
Nessun commento
Non ci sono ancora commenti, ma tu potresti essere il primo a scriverne uno.