La presentazione del nuovo romanzo di Silvia Ballestra, Amiche mie, si svolge alla cascina Roccafranca di via Rubino, organizzato e promosso dal relativo Spazio Donne; questo punto di riferimento per la comunità femminile del quartiere, infatti, non si ripropone solo di promuovere solidarietà e cultura sulle questioni di genere e sulla realtà che oggi vivono le donne, ma anche di ospitare eventi culturali legati all’identità femminile. E quale libro sarebbe stato più adatto di quello di Silvia Ballestra, romanzo corale tutto al femminile, ad incarnare lo spirito di questo circolo?

Silvia nasce nel 1969 a Porto San Giorgio, nelle Marche, ed esordisce nel ’91 con Il compleanno dell’iguana, libro di successo che viene tradotto e pubblicato in tutta Europa. Seguono saggi e romanzi, fra cui Piove sul nostro amore, Il compagno di mezzanotte e La guerra degli Antò, fino all’ultima opera per ora edita: Amiche mie.

In questo libro si snodano le vicende di quattro donne, unite dalla scuola che i loro figli frequentano nello stesso quartiere di Milano; ogni mattina, dopo averli accompagnati a lezione, Sofia, Carla, Norma e Vera si incontrano al bar Golden Palomino per bere caffè e gettare uno sguardo, chi più esitante, chi più insoddisfatto, sulla vita che si dispiega loro davanti. Sofia viene considerata dal marito e dai figli preda dell’ortoressia, un disturbo psicologico legato all’alimentazione che porta a pensare al cibo e alla sua genuinità continuamente e in modo ossessivo; ella liquida il discorso come “un’americanata”, ma questo fatto, seppur ammantato di ironia, porta l’autrice a discendere la china di un argomento insidioso: il cibo visto come impresa all’interno delle scuole, il cibo onnipresente nella vita di tutti i giorni, dai programmi di cucina continuamente trasmessi alle riviste culinarie, il cibo come culto. E Silvia si chiede: quanto il cibo è ancora roccaforte delle donne? E perché quando si tratta di coglierne gli allori spetta agli uomini?
Carla, dal canto suo, aveva lasciato il paese natale per spostarsi a Milano, una delle “città del lavoro”, laureata e impaziente di trovare un impiego. Cosa che, ci racconta il suo personaggio cresciuto e ormai disilluso, non è avvenuta. Nel frattempo si è sposata ed è diventata madre, scoprendo così a sue spese quanto sia difficile reinserirsi – o, in questo caso, inserirsi a partire da zero – nel mondo del lavoro dopo una gravidanza. Dunque la vicenda di Carla ci fa riflettere non solo sulla profondità della crisi del lavoro in Italia e su come questa colpisca non solo i padri di famiglia che per tradizione devono portare a casa lo stipendio, ma anche su come siano spesso vane le promesse di un futuro migliore a patto di abbandonare la propria terra. L’argomento è spinoso ma, come abbiamo visto, a Silvia Ballestra non manca certo il coraggio di affrontarlo.
Il dramma di Norma invece si concretizza nella separazione dal marito e nel vedersi spalancare le porte della “vita da single” a ormai quarant’anni. Ma l’episodio che dà voce a questo coro femminile è invece da ricercarsi nella vita di Vera e nella figura di suo marito, disoccupato e giocatore d’azzardo, che scompiglierà le carte in tavola.

Silvia ammette di aver riversato molto della propria vita nelle pagine di questo romanzo, dalle piccole incomprensioni fra genitori cui viene chiesto di partecipare all’autofinanziamento delle scuole ai cambiamenti cui le relazioni vanno incontro durante la crisi. Viene a delinearsi quindi un ritratto di amicizia postmoderna, che permette alle donne di costruire la loro identità.
I temi trattati sono la rampa di lancio ideale per un dibattito, che infatti infiamma subito lo Spazio Donne, portando alle orecchie dell’autrice opinioni provenienti dalle fonti più svariate: prendono la parola donne anziane, uomini, persino una studentessa universitaria che getta una luce di progresso sul futuro che noi in quanto nuove generazioni andiamo costruendo; ella sostiene infatti di capire e apprezzare ciò di cui le altre donne adulte parlano e della diversità fra generi, ma che è un confine che sta cominciando ad assottigliarsi: ormai si cresce insieme e con meno differenze. Questa è la prova di come Amiche mie non sia un romanzo riservato ad un pubblico ristretto, bensì possa essere apprezzato da qualunque lettore.

Sofia Bracco e Barbara Cantino, Liceo Classico Cavour

Sara Micheletto, Tutor Salone Off