Nella sala del Ridotto del Teatro di Ferrara, alle 11:30 del giorno 5 ottobre 2014, inizia un viaggio che porta gli ascoltatori, guidati dalle voci di Giovanni Porzio, giornalista, David Rafe e Michiel Hofman, all’interno delle problematiche riguardanti l’aiuto umanitario in Siria, Congo e Sud-Sudan.

Logo di Medici Senza Frontiere

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Michiel Hofman, operatore di Medici senza Frontiere, afferma che il vero limite per l’arrivo di aiuti umanitari in questi Stati non sia dato da mancanza di denaro, ma da altri problemi che spesso non vengono considerati importanti. Ad esempio a Goma, in Congo, ci sono numerose associazioni umanitarie, ma queste non sono riuscite ad intervenire in aiuto alla popolazione in seguito ai conflitti che sono esplosi negli ultimi decenni abbandonando a se stessi gli abitanti della città. Questo comportamento ha stupito i Medici Senza Frontiere, che si sono recati nei luoghi dove queste associazioni umanitarie si erano riunite, trovandole “a parlare e non ad agire”.

La situazione in Sud-Sudan ha mostrato la stessa incapacità di gestire i bisogni della popolazione delle numerose agenzie presenti – definite in sala come “circhi umanitari” – che si sono rese colpevoli di una sorta di darwinismo umanitario aiutando solo le persone che ritenevano essere in grado di sopravvivere, abbandonando al loro destino le situazioni più gravi.

In Siria, invece, la situazione è ribaltata in quanto il governo di Assad e le associazioni umanitarie si rifiutano di collaborare e le infrastrutture – che negli altri paesi sono sottosviluppate – qui sono particolarmente efficienti. Spesso gli aiuti umanitari si occupano di Stati in cui è richiesto uno sviluppo in ambito socio-economico e non hanno i mezzi per intervenire in emergenze improvvise.

David Rafe, esperto di questioni umanitarie, si pone due domande principali: in che modo il mondo è cambiato? E in che modo le associazioni umanitarie si sono trasformate con esso? Dagli anni Settanta agli anni Novanta, queste associazioni sono state caratterizzate da una forte indipendenza dai governi nei quali operavano, ma con il passare del tempo, l’immagine del medico eroe che va a ovunque senza pensare a nulla e senza pensare alle conseguenze di ciò che fa non esiste più.

Michiel Hofman afferma inoltre che si tende a coinvolgere persone esterne alle associazioni per gestire meglio le risorse per evitare sprechi, ma in Siria e in Somalia questo risulta essere pressoché impossibile in quanto si rischia che i fondi finiscano in mani sbagliate.

Continuano diversi interventi sulla questione dell’ebola, sul futuro di queste associazioni e sul finanziamento e sul funzionamento di esse: certo è che l’aiuto umanitario sarà sempre fondamentale per il futuro dei Paesi.

Marta Blanchietti, Liceo Alfieri di Torino

Lucia Scanelli, Liceo Ariosto di Ferrara