Mi arriva una mail della Tutor del mio college in cui ci chiede di collaborare con lei per aiutare una classe di un liceo classico di Torino ad affrontare la lettura di un libro e a preparare l’incontro con l’autore, ‘Al AlaAlswani, che avrebbe avuto luogo qualche settimana più tardi. La cosa mi sembra interessante, per cui accetto di buon grado e mi accingo a ritirare presso la segreteria della Scuola Holden la copia del libro a me riservata. Appena prendo in mano il faldone di fotocopie (è un’anteprima, il libro ancora non è uscito) ho un attimo di esitazione.
Quattrocentottantotto pagine da leggere in meno di tre giorni. Un libro sull’Egitto degli anni ‘40. Mi assale la sensazione di avere in mano un polpettone indigesto e tremo al ricordo del periodo universitario in cui situazioni del genere erano all’ordine del giorno e ci si inventava di tutto pur di risparmiarsi la lettura integrale di certe inquietantissime obesità letterarie. Il titolo intrigante, però, “Cairo Automobile Club”, smussa la paura, per cui mi avvio immediatamente alla lettura con spirito ottimista. Inizia come un giallo psicologico. Un autore si isola in una casa al mare per apportare le ultime correzioni al suo libro che sta per stampare quando, all’improvviso, i due
protagonisti della sua opera bussano alla porta e, accusandolo di aver dimenticato di dare voce nel libro ai loro sentimenti, tentano di convincerlo a bloccare la stampa e ad accettare una copia del suo scritto opportunamente modificata da loro stessi. La trama sembra interessante ma il capitolo successivo vira improvvisamente su tutt’altre vicende e si inizia a raccontare la storia di Karl Benz e della sua mirabolante invenzione: l’automobile. Poi la storia cambia di nuovo e ci si ritrova catapultati nel Cairo degli anni ‘40. Questi cambi repentini mi destabilizzano ma mi
riempiono al contempo di grande curiosità, per cui proseguo la lettura con determinazione.
Finalmente si parla dell’oggetto del titolo. Da questo punto in poi inizia la narrazione parallela e intrecciata di tutte le vicende che animano la vita di coloro che vivevano sulla propria pelle l’esperienza del Regio Automobile Club. Una scrittura piena di azione e che non si dilunga in descrizioni patetiche e ridondanti. In poche pagine ho già imparato che l’Egitto in quegli anni era vessato dalle ingiustizie dell’occupazione britannica e che questo fattore era determinante nel modificare il corso della vita di chiunque. Conosco le vicende di ‘Abdelaziz Hamam e dei suoi
figli, di James Wright lo pseudocolonialista, della nobiltà inglese di quell’epoca, del Re fannullone e del suo perfido maggiordomo, degli schiavi/lavoratori del Club e dei rivoluzionari e, in men che non si dica, sono completamente rapito dal ritmo della narrazione e dalla grande umanità che essa trasuda, dalle riflessioni illuminanti e delicate che si susseguono e che mi permettono di immedesimarmi con grande velocità nei personaggi e di pormi domande su me stesso a profondità insospettabili.
Mi ritrovo, in definitiva, esaltato e stupito da una lettura che di sicuro da solo non avrei mai affrontato e mi permetto di riempire le fotocopie di appunti e sottolineature. Alla fine riesco a terminare il libro giusto un attimo prima di entrare nella classe dei ragazzi per il primo incontro e qui mi trovo improvvisamente di fronte alla cruda realtà: molti di loro non hanno ancora potuto leggere il libro poiché, essendo come ho detto una anteprima, le copie in circolazione sono poche e i compiti da fare a casa sono, al solito, parecchi, per cui bisogna affrontare l’analisi del libro partendo da un punto diverso da quello che mi ero prefissato. La quantità di nozioni e gli sviluppi della trama che avevo potuto raccogliere in quelle quattrocentottantotto pagine erano troppi per pretendere di poterli riassumere in breve, e poi non sarebbe stato giusto nei confronti dei ragazzi perché gli avrebbe rovinato la lettura. Come agire, dunque? Bisognava cercare di stimolare un dialogo sulle tematiche del libro senza partire dal libro. Cercare in quei ragazzi delle problematiche analoghe, lavorare per metafore, insomma. Sentivo di avere una conoscenza del libro molto buona, anche per via degli appunti che avevo preso durante la lettura, ma non sapevo come metterla a frutto. In poche parole, tutto quello che io e le mie due compagne di lavoro siamo riusciti ad ottenere con il primo incontro è stato comunicare agli studenti tutte le sensazioni e gli stimoli che il libro ci aveva dato, cercando di spronarli ad intraprendere quella lettura o, comunque sia, a continuarla. Eravamo un po’ perplessi, tre incontri ci sembravano pochi, ma in fondo eravamo fiduciosi che in qualche modo saremmo riusciti a raggiungere il risultato sperato. Qualche giorno più tardi si è svolto il secondo incontro, ma io non ho potuto parteciparvi per via di un’altro impegno, per cui posso soltanto riportare ciò che le mie compagne e, ovviamente, la mia Tutor mi hanno riferito. In sintesi, si è lavorato sulle paure e sui desideri di ogni ragazzo. Gli si è chiesto di raccontarli e poi di immaginare la condizione in cui si sarebbero trovati se fosse stato negata loro ogni possibilità di raggiungere gli obiettivi che si erano prefissati. All’inizio ci sono state un po’ di riluttanza, di timidezza, di insicurezza, com’è normale in questi casi, ma poi diversi di loro si sono aperti e la nostra richiesta di inviarci per email tutte le riflessioni e le domande che questi incontri e la lettura del libro, che nel frattempo era proseguita, gli avevano suscitato ha avuto un riscontro sorprendente. Non hanno scritto in molti, ma le mail che sono arrivate erano piene di spunti interessanti e riflessioni profonde e articolate e hanno fornito la base per il nostro terzo e ultimo incontro. In questa sede siamo finalmente riusciti a scatenare un bel dibattito sulle tematiche più inerenti alla trama del libro, riportando nella discussione tutte le riflessioni che riguardavano il lavoro fatto su se stessi. Alla fine degli incontri siamo così riusciti a raggiungere l’obiettivo, quello cioè di raccogliere un buon numero di domande da porre all’autore; domande intelligenti, nate da riflessioni e discussioni. E poi è arrivato il grande giorno. Questa mattina abbiamo finalmente incontrato ‘Al AlaAlswani nell’aula magna del Liceo Classico Cavour di Torino, in corso Tassoni n.15. Quando l’ho visto, l’impressione è stata quella di incontrare un vecchio amico, qualcuno che conoscevo da tempo, ed era stato tutto il lavoro fatto sul suo libro a regalarmi quella sensazione, il parlarne spesso e averlo in testa tutti i giorni per due settimane di fila. È una sensazione importante, perché ti permette di affrontare il dialogo con una chiarezza infinita, di ascoltare le domande e le risposte con grande cognizione di causa. L’incontro si è svolto, a mio avviso, nel migliore dei modi, senza intoppi e in un clima di attenzione e coinvolgimento che, guardando ai tempi del liceo, fatico a ricordare. Quello che mi porto a casa è la soddisfazione per la bella scoperta letteraria e un bagaglio molto grande di emozioni. l’immagine felice dei ragazzi in fila per farsi autografare la loro copia e la voglia rispolverata di fare il professore di Lettere. Ad majora.
Francesco Nappi, Scuola Holden
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