L’adozione, si sa, è una cosa seria. I genitori adottivi aprono le braccia e il cuore ad una realtà sconosciuta, imprevedibile, spesso dirompente, soprattutto se il nuovo arrivato viene da un altro paese. Parlerà la nostra lingua? Ci capirà? Avremo qualcosa in comune? L’adottato, da parte sua, non sa a che cosa va incontro, spera di essere accolto bene e di non trovarsi a disagio – spera insomma di sentirsi a casa. Quando l’adottato non è un ragazzino ma uno scrittore inglese di sessanta anni (e passa) e i genitori nuovi non sono due ma venticinque (di cui solo una è femmina), con un età media di sedici anni, cambia qualcosa? Certo, il processo è semplificato, ma le esigenze di base – di comprensione e di accoglienza – restano lo stesso. Della mia esperienza la settimana appena conclusa all’ITIS A. Artom di Asti posso dire subito che mi sono sentito adottato in pieno, non solo dai miei ragazzi-genitori ma anche dalle loro insegnanti (oso dire ‘nonne’?), Enrica e Annie.
Abbiamo fatto i primi due dei tre incontri previsti, quello iniziale in cui abbiamo parlato di un libro che mi è stato formativo – La Fattoria degli Animali di George Orwell – e il secondo, quando ci siamo soffermati sul mio romanzo, Occasioni di Morte. E’ stata, come diciamo noi in Inghilterra – una vera educazione. Ho constatato che i libri, che mi hanno accompagnato da quando ho imparato a leggere a quattro anni, non sono necessariamente fondamentali per tutti. I ragazzi che ho incontrato leggono poco, e quello che leggono è, di solito, di genre (fantasy, horror), ma sono comunque curiosi di sentire e di guardare narrative, che sono alla base della scrittura, e del libro. Partendo dalla lettura come qualcosa che ci porta aldilà della propria esperienza abbiamo parlato di mondi immaginari e di come possono funzionare come specchi, distorti o meno, del nostro mondo. Abbiamo parlato di La Fattoria degli Animali e dei suoi personaggi, descrivendoli insieme, cercando di identificare con loro e decidendo chi nel gruppo assomigliava di più a Boxer, chi a Napoleone, e così via, rendendo più immediato e rilevante il libro stesso. Abbiamo parlato di potere, di utopie/distopie, e di cosa vuol dire sognare un mondo perfetto, dove il dissenso non è più nemmeno concepibile. Sono rimasto impressionato dall’entusiasmo dei ragazzi a dal livello di comprensione del testo dimostrato.
Nel secondo incontro abbiamo continuato a parlare di potere, di chi lo tiene e per quale scopo, di quando e come dev’essere contestato – il tema del mio romanzo. Di nuovo abbiamo preso i personaggi principali e analizzato le loro caratteristiche per poi guardare noi stessi. Siamo avventurieri o ragionieri, attratti più dall’azione o dal pensiero? Ero d’accordo con una proposta di Enrica che lavorare sull’idea del personaggio nella narrativa sarebbe stato produttivo e così abbiamo fatto, dando ai ragazzi a caso una serie di identità diverse: un avvocato di Milano, una badante rumena, ecc. Ho voluto sentire dai ragazzi come erano queste persone. Poi, in base ai personaggi creati da loro, abbiamo sviluppato delle narrative, che si sono rivelate dinamiche, comiche, vere… Alla fine dell’incontro ho proposto una sfida – che i ragazzi finiscano un breve racconto mio in base alla prime frasi. Il racconto ha qualcosa di intrigante e spero – anzi, sono sicuro – che sarà uno stimolo alla loro creatività. Sceglierò il racconto che mi convince di più e ci sarà anche un premio!
Ho letto una frase oggi, in un’intervista con Stephen King nella quale parla delle sue esperienze come insegnante al liceo, che dice: “Si può fare dell’aula un posto sicuro, dove succedono delle cose interessanti” (“you can make the classroom a place that feels safe, where interesting things happen”). La mia impressione è che abbiamo fatto proprio così in questi due incontri. C’era un grande senso di collaborazione, e ringrazio di cuore sia i ragazzi che le loro insegnanti per la loro accoglienza e per l’impegno dimostrato. Non vedo l’ora di ritrovarmi con la mia famiglia adottiva…
Charles Lambert
Il poeta irlandese W. B. Yeats avrebbe detto ‘Education is not so much the filing of a pail, but the lighting of a fire’: (Educare si tratta non solo di riempire una botta, ma anche di accendere un fuoco).
Una iniziativo di questo genere dimostra proprio questa filosofia. L’opportunità di incontrare e parlare con uno scrittore e collaborare su in progetto creativo insieme è un esperienza veramente educativo. Potrebbe stimolare non solo una passione per la letteratura, ma anche una maggiore comprensione nell ‘ Altro, molto rilevante nella nostra società multiculturale. Mi auguro che possa essere replicata più volte.
Mi ha davvero emozionato leggere di questa adozione decisamente particolare! Questo istituto è stato infatti la scuola in cui mio padre ha insegnato per decenni e mi fa quindi piacere constatare quanto sia ancora presente la “brillantezza” intellettiva di questi ragazzi….Bella anche l’idea dei “role play”. Grandi i ragazzi, complimenti alle prof., eccezionale lo scrittore!!