Gli studenti della 2L del Liceo Scientifico Niccolò Copernico di Torino, hanno ospitato e assisitito allo spettacolo Una Storia Americana, che nasce al Circolo dei Lettori di Torino da un’idea dello scrittore Giuseppe Culicchia e dell’attrice Federica Mafucci come invito alla riscoperta dei libri che hanno segnato la narrativa di quel Paese formando generazioni di lettori in tutto il mondo. Pubblichiamo il resoconto dell’incontro, ringraziando la professoressa Mariagrazia Dantoni per averci inviato l’articolo, e la traduzione di un passaggio del Giovane Holden di J.D. Salinger realizzata dagli studenti della classe insieme al loro professore d’inglese, Carlo Stumeno. Sotto, dopo l’articolo e la traduzione, trovate qualche informazione in più sullo spettacolo.
Liceo scientifico “N. Copernico”, giovedì 23 aprile, Culicchia e ovviamente “il giovane Holden” in persona!
Le classi seconde del nostro liceo hanno assistito a un breve ma intenso spettacolo proposto dal giornalista, scrittore e traduttore Giuseppe Culicchia e dal giovane Holden in persona! O meglio un’ attrice che lo interpretava … La scena si apre: Culicchia, facendo un’introduzione, ci aveva anticipato che lui avrebbe fatto la parte dello psicologo che avrebbe aiutato Holden a raccontarsi a noi spettatori, e così è stato.
Holden entra da menefreghista qual è, trovando una scusa per il suo ritardo (l’attrice è davvero brava), il dottore gli dice di raccontarsi a noi, ma Holden sembra un po’ riluttante all’idea. Il tutto si svolge tra l’ammirazione di noi studenti, che possiamo solo immaginare quanto sia difficile recitare il giovane Holden esattamente come viene descritto nel libro, un ragazzo con problemi relazionali e comportamentali, un ragazzo in difficoltà perché si sente odiato da tutti e lui stesso odia tutto e tutti; noi abbiamo letto il libro, che descrive appieno quanto questo ragazzo abbia difficoltà ad affrontare l’adolescenza e tutto ciò che ne consegue.
Lo psicologo, nei panni di Culicchia, introduce diversi argomenti, facendo parlare il ragazzo e cercando di fargli capire che è lui che sbaglia, sbaglia a odiare tutto ciò che gli sta intorno.
Si capisce veramente il personaggio che viene descritto da Salinger quando lo psicologo gli pone una domanda molto precisa e semplice: “Cosa ti piace Holden? C’è qualcosa che non odi? Qualcosa che ti piace proprio tanto tanto?” Il ragazzo non sa cosa rispondere: si nota in quel momento che è come se Holden capisse che in realtà non è il mondo a essere sbagliato, è lui che lo sta prendendo nel modo più stupido possibile, e che prendendolo così farà solo una brutta fine. Nel libro questa parte di dialogo si svolge tra Holden e la sua sorellina Phoebe. Culicchia parlerà anche di lei con Holden che esprimerà il suo amore per la sorellina; capisce anche lui che pur essendo molto piccola è molto intelligente, infatti alla fine del libro sarà lei che darà una svolta alla vita di suo fratello in un certo senso.
Holden parla con lo psicologo anche del rapporto che lui ha con le ragazze, niente di particolare, crede che siano quasi tutte stupide e senza cervello, tranne una, “la vecchia Jane Gallagher” compagna d’infanzia di Holden della quale è sempre stato innamorato anche se non lo ammetterà mai a se stesso.
A fine spettacolo Culicchia e l’attrice hanno ci hanno dato la possibilità di fare domande su Holden o comunque di dialogare con loro per capire come mai hanno deciso di fare uno tipo di spettacolo così particolare.
DOMANDE
“Cosa intende Holden quando dice che quando si racconta una cosa a qualcuno poi i ricordi riaffiorano?”
-“Intende probabilmente dire che quando si scrive una storia e poi quest’ultima viene letta, il lettore fa sua la storia, la rende una cosa personale, e quindi questa storia non apparterrà più allo scrittore ma a tanti altri, che la interpreteranno come vogliono, e si immedesimeranno, facendo riaffiorare alla mente i ricordi”.
-“Possiamo dire che Salinger abbia scritto la storia imperfetta che secondo lui era imperfetta?”
-“Salinger sicuramente ha scritto qualcosa che ha incantato il pubblico di 40 anni fa come incanta quello di adesso: lui pensava che un libro dovrebbe raccontarsi da solo (rifiuterà qualsiasi tipo di intervista dopo il successo del suo libro) e sicuramente “il giovane Holden” si racconta molto bene”.
– “La nuova traduzione di Matteo Colombo pensa che sia stata utile per ampliare il pubblico italiano e attrarre nuovi lettori?”
-“Sicuramente ha aiutato, tuttavia la traduzione non può e non deve riprodurre il gergo dei giovani d’oggi, perché invecchierebbe troppo rapidamente in quanto i linguaggi giovanili cambiano e variano nel tempo. Questa nuova traduzione aiuterà sicuramente la vostra generazione ad apprezzare sempre di più anche un romanzo di 40 anni fa”.
-“Secondo lei l’odio di Holden per la notorietà è stato trasmesso anche dallo stesso Salinger”
-“Certo, ne è la prova il discorso che Holden fa sul fratello D.B. o quando parla del padre come un uomo diventato avvocato forse solo per il titolo di avvocato e per avere una condizione economica invidiabile, non tanto per poter salvare le persone con il suo lavoro”.
Lorenzo Sasso e collaboratori, Liceo Scientifico Niccolò Copernico di Torino, 2L
Il giovane Holden
Traduzione della 2^ L LSS “N. Copernico” di Torino
La nostra classe 2L si è cimentata nella ri-traduzione del primo capitolo del Giovane Holden svolta con la supervisione del nostro prof. di inglese Carlo Stumeno e l’abbiamo inviata allo scrittore-attore Giuseppe Culicchia.
Se volete veramente sentire questa storia, la prima cosa che probabilmente vorrete sapere è dove sono nato, e come è stata la mia schifosa infanzia, e che lavoro facevano i miei genitori prima che nascessi e tutta quella robaccia alla David Copperfield, ma non credo che lo farò, se volete sapere la verità. In primo luogo, quella roba mi annoia, e inoltre i miei genitori si beccherebbero due infarti a testa se dicessi cose molto personali che li riguardano. Sono molto permalosi su queste cose, specialmente mio padre. Sono carini e tutto—non sto dicendo il contrario—ma sono anche maledettamente permalosi. Inoltre non vi parlerò della mia dannata autobiografia o roba del genere. Vi dirò solo delle cose pazzesche che mi sono successe intorno allo scorso Natale appena prima di buttarmi così giù da avere la necessità di uscirmene qui fuori a prendermela con comodo. Voglio dire è tutto quello che ho detto a D.B., lui è mio fratello e compagnia bella. Vive a Hollywood. Non è troppo lontano da questo posto schifoso, così torna per vedermi praticamente ogni weekend. Forse mi porterà a casa in macchina quando tornerò il mese prossimo. Lui ha una Jaguar, uno di quei piccoli vizietti inglesi che possono fare circa i 300 all’ora. Gli è costata quasi 4000 sacchi. Lui ha molti quattrini adesso, ma una volta non li aveva. Quando era a casa, era soltanto scrittore come si deve. Ha scritto questo eccezionale libro di racconti, Il Pesce Rosso Nascosto”, nel caso non l’aveste mai sentito. Il migliore del libro era “Il Pesce Rosso Nascosto”. Parla di questo ragazzo che non voleva far vedere a nessuno il suo pesce perché l’aveva comprato con i suoi soldi. Mi ha fulminato. Ora D.B. è fuori a Hollywood a sputtanarsi. Se c’è una cosa che odio, sono i film. Non me ne parlate neanche.
Il punto da dove voglio iniziare a raccontare è il giorno in cui ho lasciato l’istituto privato Pencey. La Pencey è sta scuola che si trova ad Agerstown, Pennsylvania. Forse ne avete sentito parlare. Ad ogni modo, probabilmente, avete visto le pubblicità. Pubblicizzano in circa un centinaio di riviste, e stanno sempre a mostrare un figone a cavallo che salta un recinto. Come se tutto ciò che si fa sempre alla Pencey è giocare a polo tutto il tempo. Non ho mai visto, nemmeno una volta, un cavallo da qualsiasi parte vicino a quel posto. Sotto all’immagine del ragazzo a cavallo, c’è sempre scritto: “Dal 1888 forgiamo ragazzi in splendidi, brillanti giovani uomini”. Tonto chi ci crede. Alla Pencey non fanno un tubo di più formativo che in qualsiasi altra scuola. E non ho mai conosciuto nessuno che fosse così splendido e brillante, ecc. Forse un paio, esagerando. E probabilmente erano arrivati alla Pencey già così.
Comunque, era il sabato della partita di rugby con il Saxon Hall. Alla Pencey si pensava che la partita con il Saxon Hall fosse un problema di stato. Era l’ultima partita dell’anno e tu dovevi almeno suicidarti o qualcos’altro se la vecchia Pencey non vinceva. Ricordo che intorno alle tre di quel pomeriggio ero in piedi proprio su quella cavolo di cima di Thomsen Hill, vicino a quel cannone sgangherato che era stato usato nella guerra rivoluzionaria e via andare. Potevi vedere l’intero campo da là, e potevi vedere le due squadre menarsi a vicenda su e giù per l’erba. Però non potevi vedere le tribune troppo bene, ma potevi sentirli tutti esultare profondamente e spaventosamente sul lato della Pencey, perché in pratica tutta la scuola tranne me era lì, e molli e isolati nel lato della Saxon Hall, perché la squadra ospite non portava quasi mai tifosi.
Ragazze non ce n’erano mai tante alle partite di rugby. Solo i più grandi erano autorizzati a portare le ragazze con loro. Era una scuola terribile, non importa da quale punto di vista tu la guardassi. Mi piace essere da qualche parte dove per lo meno puoi vedere qualche ragazza in giro ogni tanto, anche solo mentre si grattano le braccia, si soffiano il naso o anche solo ridacchiano o altro. La vecchia Selma Thurmer – era la figlia del preside – appariva alle partite piuttosto spesso, ma non era esattamente il tipo che ti faceva impazzire. Tuttavia era una ragazza abbastanza carina. Una volta mi sono seduto vicino a lei nel pullman da Angerstown e abbiamo attaccato una specie di conversazione. Mi piaceva. Aveva un grande naso, le sue unghie erano tutte mangiucchiate e sanguinanti, e aveva quei dannati reggiseni imbottiti che emanavano dappertutto, ma ti dispiaceva un po’ per lei. Ma quello che mi piaceva era che non ti diceva tutte quelle merdate su che grande uomo era suo padre. Probabilmente sapeva il falso bastardo che lui era.
La ragione per cui ero in piedi sulla collina di Thomens Hill, invece di essere alla partita, era perché ero appena tornato da New York con la squadra di scherma. Ero il dannato manager della squadra di scherma. Proprio un grande privilegio. Quella mattina eravamo andati a New York per l’incontro di scherma contro la Scuola McBurney School. Soltanto che non disputammo l’incontro. Lasciai tutte le spade, l’equipaggiamento e quella roba su quella maledetta
metropolitana. Non era tutta colpa mia. Dovevo continuare a stare in piedi per guardare la mappa, così da sapere dove scendere. Per questo motivo siamo tornati a Pencey per le due e mezza anziché per l’ora di cena. L’intera squadra mi ha escluso per tutto il viaggio di ritorno in treno. E’ stato abbastanza divertente, in un certo senso. L’altra ragione per cui non ero alla partita era perché ero sul punto di dire addio al vecchio Spencer, il mio insegnante di storia. Aveva l’influenza e pensavo che probabilmente non lo avrei più rivisto prima dell’inizio delle vacanze di Natale. Mi scrisse questo biglietto dicendo che avrebbe voluto vedermi prima che tornassi a casa. Sapeva che non sarei più tornato alla Pencey.
Mi sono dimenticato di dirvelo. Mi buttarono fuori a calci. Non era previsto il mio ritorno dopo le vacanze di Natale dato che mi stavano bocciando di quattro materie e non mi applicavo e via dicendo. Mi diedero spesso avvertimenti per iniziare ad applicarmi – specialmente intorno a metà trimestre quando miei genitori vennero per un colloquio con il vecchio Thurmer – ma non lo feci. Così fecero cadere la mannaia. Ai ragazzi capita con frequenza alla Pencey. È una tra le migliori in classifica, la Pencey. Lo è davvero.
Ad ogni modo era dicembre e roba così, e faceva freddo come la tetta di una strega, soprattutto in cima a quella stupida collina. Avevo solo il mio reversibile e niente guanti o altro. La settimana prima, qualcuno aveva preso la mia giacca di cammello proprio dalla mia stanza, con i guanti foderati di pelliccia nella tasca e via dicendo. La Pencey era piena di ladri. Nonostante molti ragazzi venissero da famiglie molto benestanti, era piena di ladri comunque. Più è costosa la scuola più ladri ci sono – non sto scherzando. Ad ogni modo, continuavo a stare in piedi vicino a quel cannone malmesso a guardare giù la partita e congelarmi il culo. Solo che non stavo guardando molto la partita. Cosa stavo veramente facendo lì era il tentare di provare il senso di una specie di addio. Voglio dire, ho lasciato scuole e posti senza rendermi neanche conto che li stavo lasciando. Questo lo odio. Non mi interessa se è un triste addio o un brutto addio, ma quando lascio un posto mi piace essere consapevole di star lasciando quel posto. Se non lo fai ti senti ancora peggio.
Grazie al Salone internazionale del Libro di Torino, le voci di Huckleberry Finn, del Grande Gatsby e del Giovane Holden entrano nelle scuole a caccia di nuovi ascoltatori e di nuovi lettori. Perché i capolavori di Mark Twain, Francis Scott Fitzgerald e J.D. Salinger raccontano storie attualissime e affascinanti, capaci di rapire, divertire e far riflettere anche i ragazzi del Duemila.
Tre i reading spettacolo a disposizione, oggi, delle scuole. Dal prossimo autunno le scuole potranno scegliere tra tutti e otto i titoli della rassegna. Per informazioni scrivere a ufficio.scuola@salonelibro.it
Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain (1884)
Nato come libro per ragazzi da cui, secondo Hemingway, «discende tutta la letteratura americana moderna» , il romanzo è icona senza tempo dello scontro tra libertà assoluta e costrizioni della società, immerso nell’indefinitezza di chi vive in bilico, tra natura e cultura, passato e futuro, slancio e disillusione.Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald (1925)
Quattro versioni cinematografiche (l’ultima di Baz Luhrmann), rappresentazioni teatrali, articoli di ogni genere, lodi e stroncature, il libro ambientato nell’età del jazz, parlando d’amore, feste e lustrini, racconta la solitudine umana, la vacuità degli oggetti e le illusioni, irrealizzabili ma necessarie.
Il giovane Holden di J.D. Salinger (1951)
Venduto in milioni di copie, è uno di quei capolavori che non si finisce mai di rileggere. Acuto critico, bugiardo patologico, con un ciuffo di capelli bianchi nonostante i diciassette anni, Holden Caulfield è il ragazzino che ha segnato generazioni di lettori e influenzato tutta la letteratura e non solo successiva.
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