Anche Eros Miari, che cura  da anni gli incontri con i bambini e ragazzi del Bookstock Village, ci racconta che cos’è per lui la buona lettura. Anche lui sarà tra i protagonisti del nostro incontro al Salone

Cinquant’anni fa in casa mia non c’erano libri. Insieme a me, nella veste di genitori, vivevano un babbo che guidava il camion e una mamma che cuciva a macchina. Poco spazio all’avventura, nessuno alla poesia: la concretezza della vita si imponeva.

Una maestra, che non ricordo come esempio del rinnovamento culturale di un paese che non era poi così lontano (poco più di una ventina d’anni) da una guerra e dalle sue macerie materiali e morali, mi portò nella biblioteca della scuola. Nemmeno la biblioteca era all’avanguardia: scaffali alti e scomodi, libri che si nascondevano sotto sovracoperte in carta blu, identiche e spersonalizzanti, qualche tavolo, un po’ di sedie e un vecchio registro in cui annotare il prestito. Eppure fu proprio lì che incontrai Sandokan e con lui, anche se ancora non lo sapevo, il mio futuro. Diventai lettore. Appassionato alle gesta del principe e pirata malese; indignato della perfida malvagità di James Brooke, il Raja Bianco; intimorito dai tenebrosi labirinti delle Sunderbans, dove si annidavano i feroci Thugs, adoratori della dea Kalì, e lo spietato Suyodhana; avvinto dagli eroismi della Tigre e di Yanez e Tremal-Naik e di tutti gli altri protagonisti del ciclo salgariano: appassionato, indignato, intimorito, avvinto, non smisi più di leggere.

Dopo quindici edizioni di Salone del Libro, dopo oltre trent’anni di attività nel campo dell’educazione alla lettura, dopo migliaia di incontri con bambini e ragazzi e insegnanti, dopo aver conosciuto uno per uno i Salgari della nostra epoca (uno per tutti: Mino Milani!) adesso posso scegliere tra il ricordo affettuoso di quel tempo e quell’incontro, o dedicarmi invece al rammarico per le biblioteche scolastiche che incontro oggi e che sembrano le sorelle anziane e stanche di quella in cui entrai tanti anni fa. Il guaio è proprio questo: che sono passati cinquant’anni e ancora le biblioteche scolastiche e la lettura sono clandestine nella scuola italiana. Ancora oggi entro in scuole dove i libri si trovano chiusi negli armadi, dove molti libri sono gli stessi degli anni in cui ero bambino, acquistati in quegli anni e tenuti assieme da strisce di nastro adesivo ingiallito e appiccicoso; dove non esistono insegnanti dotati di quelle competenze necessarie a fare leggere.

E quando mi accade di trovare una bella biblioteca scolastica (e ne trovo) so che si tratta di iniziative individuali, di insegnanti o dirtigenti un po’ speciali. So che manca un impegno strutturale. E che manca una legge.

Perché sì, possiamo davvero levare i calici per brindare ai protagonisti di scuole buone e buone letture, ma dobbiamo avere ben chiaro che mettere in mostra loro e la loro buona volontà ha un senso se pensiamo che il loro lavoro possa essere d’esempio, non tanto e non solo ad altri individui (che pure auspico), ma a quel sistema che chiamiamo “Stato”, che non può fare a meno di assumersi le responsabilità educative che gli competono. L’educazione dei lettori è un compito della Scuola, non dei docenti di buona volontà. Serve allora una legge, servono libri, servono educatori con competenze specifiche. Rinunciare a questo, in questi tempi di proclami e annunci di rinnovamento, mi pare un atto di rinuncia educativa di cui qualcuno deve assumersi la responsabilità.

Ce lo dicano, allora, cosa pensano della lettura, dell’educazione alla lettura, delle biblioteche scolastiche. E se non ce lo diranno, noi, lo diremo a Sandokan!

Eros Miari