Problemi politici. Dibattiti sociali. Definizioni teoriche e fatti effettivi. Una fotografia dell’Italia dei giorni nostri.
Stefano Passigli ha presentato il libro di Giovanni Sartori La politica come scienza con l’intervento di Marcello Sorgi, giornalista parlamentare da anni, e Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale del Nuovo Centrodestra.
La conferenza inizia con la proiezione del discorso di presentazione della figura di Sartori, mediante l’intervento di Ferruccio de Bortoli. Molti tra i giornalisti hanno speso parole su Sartori, tra loro Oriana Fallaci che è stata molto apprezzata da Sartori non solo per il suo articolo del 15 ottobre 2011, ma per il sostegno contro il terrorismo, che con questo ha dato. Sartori è stato il collaboratore di più lunga data del Corriere della Sera e, dice, è stato molto complicato lavorare con un giornalista che parla in modo tanto schietto e diretto, senza paura. La democrazia ha bisogno di una penna libera e orticante come la sua. Sartori non ha mai parlato ai suoi colleghi, ma al pubblico. Non all’asta, ma al cuore, andando subito al dettaglio, al fulcro del problema. Non è mai stato al servizio di nessuno, anzi, è sempre andato contro la volontà, tipicamente italiana, di correre dietro all’ultimo vincitore. Secondo la sua teoria, l’homo videns, ovvero l’uomo dei giorni nostri, caratterizzato dall’atrofizzazione intellettuale data dall’esagerato consumo della televisione, perde definitivamente contro l’homo sapiens.
In una società di uomini videns, dunque, nemmeno da chi opera dall’alto del potere governativo ci si può più aspettare qualcosa al pari dei grandi uomini politici di un tempo?
Si apre, dunque, un dibattito di natura prettamente politica: Passigli, porta voce di Sartori, interagisce con Sorgi, piuttosto obiettivo nell’analizzare fatti e non basarsi sul proprio “credo” politico, e Quagliariello, del quale non si può dire lo stesso.
Sartori, teorico della democrazia del XX secolo, da sempre sostiene un tipo di democrazia in cui la maggioranza non si presenti una tantum per l’elezione, ma piuttosto, sciente del proprio voto, elegga anche la minoranza. Una democrazia in cui la scelta sia libera e non ci si ritrovi, come con l’Italicum, ad avere i capi delle liste elettorali bloccati. Una democrazia composta da sole due camere, caratterizzata da potere equilibrato e libertà morale dei politici. La cosiddetta democrazia rappresentativa. In qualità di politologo, teorizza che la scienza politica sia una scienza applicativa e debba, dunque, difendere la giusta divisione dei poteri con un atto effettivo e non solo con regole teorizzate. Verba volant, scripta manent.
Il ruolo delle assemblee legislative è uscito impoverito da tutti questi tentativi di riforma radicale mai andati in porto, ma le riforme legislative devono mettere in atto procedure in grado di modificare, anzi, chiarire, il discorso delle leggi elettorali.
Le leggi elettorali devono seguire strettamente tre principi: essere rappresentative per preservare l’equilibrio del potere, selezionare la classe politica e non andare a modificare le dinamiche di controllo del governo nel contesto parlamentare, quando, oggi, chi ottiene la maggioranza può eleggere il presidente della Repubblica e, in pochi passi burocratici, arrivare ad avere il controllo totale anche su corte e partiti indipendenti.
Sorgi, con l’oggettività che solo un giornalista può possedere, spiega che non per forza introdurre regole nuove significhi introdurre un regime totalitario: il “patto di sangue” fatto dai nostri costituzionalisti aveva come limite il fatto di fare in modo che nessun potere potesse prevalere su un altro.
Ed è ora che si introduce Quagliariello, che trasforma un dibattito sulla democrazia un’occasione per propagandare il suo partito, raccontando dettagliatamente fatti e analizzando come il governo Berlusconi sia stato incredibilmente sfortunato, vittima di una congiura Cesare da Bruto, cercando, come troppo spesso fanno i politici di destra, di trovare una serie di scuse e giustificazioni per tutti gli sbagli commessi dal proprio partito, propinando lunghissime pappardelle all’auditorium. Peccato che, oggettivamente, le cose non siano andate così. Peccato che teorizzare una democrazia in cui il popolo non sia interpellato con referendum, in cui non importi minimamente l’opinione dei governati perché il potere e le decisioni devono essere solo nelle mani dei governanti, non sia parlare di democrazia. Semmai di una distorta e contorta visione dell’aristocrazia del mondo classico, della quale dubito fortemente che abbiano notizie a sufficienza, considerando che addirittura nell’antica Roma sono stati introdotti i tribuni della plebe.
La verità è che parlare di democrazia è complicato, si fanno giri di parole, di teorie, ci si prova da anni, secoli forse. Ciò che è sicuro, è che non vivremo mai in un mondo democratico finché i politici non si prenderanno la briga di pensare anche a noi, noi che non siamo saliti al governo. C’è ancora chi ci spera, chi crede davvero che, ad un certo punto, questa situazione di corruzione, egoismo e totale disinteresse nei confronti del popolo cambierà. Ci credo anch’io, sarà rimasto, da qualche parte nel mondo, l’ultimo homo sapiens che non si lasci attrarre dal degrado della società odierna.
I politici dovrebbero farci attenzione.
I politici dovrebbero far attenzione a non deludere le aspettative, più o meno illusorie, di chi ancora crede nel fatto che possano fare qualcosa di buono ed occuparsi, un po’ meno magari, di cercare di giustificare con belle parole i disastri che hanno combinato.
Io ho diciassette anni e spero che, ad un certo punto, la politica non sarà più solo una barzelletta.
Diamo una possibilità a chi è al governo oggi, con la paura non si è mai ottenuto nulla, con i rimedi troppo dolci nemmeno: bisognerà prendere il problema tra le mani e, forse, abbiamo trovato qualcuno che abbia il coraggio di farlo, sul serio.
Forse, finalmente qualcuno ha deciso di non mettere solo i propri guadagni davanti i 60 milioni di italiani che governa.
Forse, finalmente qualcuno ha capito che continuare a parlarne non serve più a nulla, serve agire.
Non sono d’accordo con tutto quello che ha intenzione di fare il governo dei nostri giorni, ma chissà.
Forse, finalmente, abbiamo trovato qualcuno in grado di prendersi la consapevolezza dei propri gesti. Di rischiare. Di fare realmente qualcosa, anche se qualcosa di difficile.
Con le cose facili, non si è mai andati da nessuna parte.
Francesca Romualdi
Redazione Alfieri
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