Nell’aprile 1992 Chris McCandless abbandona amici e famiglia per sfuggire ad una società consumista e capitalista nella quale non riesce più a vivere. Si è messo in cammino verso l’Alaska. Dopo non aver dato notizie per un anno e mezzo alla sua famiglia,4 mesi è stato trovato morto in un autobus. Allora John Krakauer ha scritto un libro sulla sua storia e Sean Penn nel ne ha girato il film.
Dopo più di vent’anni Carin McCandless ha pubblicato il libro The Wild Truth, edito Corbaccio e presentato oggi al Salone del Libro, per raccontare la storia di suo fratello e della sua famiglia, ma soprattutto per scogliere il mistero della morte di Chris.
Durante l’incontro le sono state poste alcune domande, e qui sono riportate alcune delle domande e risposte più interessanti.
-Come mai ha aspettato vent’anni per scrivere il libro?-
Dopo quanto fatto da Chris andavo spesso nelle scuole per tenere incontri e conferenza e raccontare quanto successo ai ragazzi, e ogni volta loro mi chiedevano perché Chris avesse scelto di lasciare tutto e di andare in Alaska. Mi sono accorta che all’inizio ero molto chiusa, non raccontavo davvero la verità, perché non volevo, anche se pian piano, col passare degli anni, la mia risposta è cambiata e mi sono aperta sempre di più, perché mi sono resa conto che molti ragazzi volevano capire il suo punto di vista e il motivo delle sue scelte. E per questo ho deciso che dovevo scrivere la verità.
-C’è una sola verità?-
Quella di Chris è stata una storia tragica, e nel mio libro ho cercato di riempire i buchi presenti nella sua storia e volevo scrivere quello che io ho imparato dalla sua vicenda. Il libro non vuole concentrarsi sulla tristezza della morte di Chris, perché The Wild Truth è la storia dei sopravvissuti, dei suoi fratelli e delle sue sorelle.
La lezione numero 1 del libro è la verità. La storia di dei bambini che vivevano in una casa dove subivano violenze domestiche e hanno capito pian piano la violenza psicologica che stavano ricevendo. Il libro vuole dare speranza, voglio che le persone capiscano che qualsiasi cosa accada, nonostante sia impossibile controllare quello che succede, è invece possibile controllare il nostro modo di reagire. La storia di Chris fa riflettere sul nostro modo di vivere, sulle priorità.
Il libro di John Krakauer è meraviglioso ed è riuscito a raccontare Chris perfettamente e a mostrarne molti aspetti. Se nel libro tuttavia ci sono dei punti vuoti è per colpa mia, perché non volevo che raccontasse determinate cose che ora ho invece deciso di mostrare.
CI tengo a sottolineare che questa è la storia di sopravvissuti, è il trionfo sulla tragedia. È la storia di noi sorelle e fratelli.
-È vero che è positivo, ci sono molte foto nel tuo libro che mostrano Chris da bambino e lo si vede sempre sorridente. L’insegnamento di Chris si riassume nella consapevolezza di sé. Il suo esempio è servito in qualche modo anche se si tratta di una circostanza drammaticissima. Da quel dramma Carin ha trovato un insegnamento importante, per lei e per i suoi fratelli: mostrare quale deve essere la strada da seguire.-
Si, io cerco di mostrare la differenza tra egoismo e autoconsapevolezza di sè. I ragazzi si dividono in due gruppi, c’è chi stima la storia di mio fratello e chi no. Ma io cerco di mostrare loro qual è la strada da seguire, dico loro che quando si vuole condividere qualcosa, quando si vuole fare qualcosa di importante e di utile bisogna spiegarlo e quindi per questo motivo ho voluto mostrare e scrivere gli insegnamenti che lui mi ha dato. Il fatto che il libro di John Krakauer sia una lettura obbligatoria negli Stati Uniti dimostra come la storia di mio fratello dia degli insegnamenti importati: se si è contenti e se la strada che stiamo percorrendo è quella giusta.
-John Krakauer ha scritto che si immedesimava molto in Chris, per l’amore per la natura e lo spirito di avventura. Come è stato lavorare con lui? Il fatto che abbia mantenuto molti dei segreti che gli hai chiesto di mantenere fa capire che per lui lavorare alla storia di Chris non sia stato solo scrivere una storia, ma che si è davvero immedesimato.-
Quando Chris è morto avevo solo 21 anni e stavo cercando di capire cosa fosse successo. Noi non capivamo perché John fosse così interessato alla sua storia. Fu solo molti anni dopo mentre scrivevo The Wild Truth e parlavo con molti membri della mia famiglia, che mi resi conto che nessuno voleva che non parlassi della storia di Chris o che non dicessi la verità. A quel punto capii che avevo sbagliato a chiedere a John di tenere delle informazioni per sé. Lavorare con lui è stato bello e penso che se Chris fosse qui, sarebbe un po’ come lui, perché entrambi non si rendono conto di quanto sono bravi e importanti.
Ma voglio dire qualcosa di Sean Penn, perchè anche lui è stato bravissimo e ha accettato di tenere segrete alcune cose e mi ha permesso di lavorare con lui alla sceneggiatura. Nel film c’è una sola scena di violenza domestica e l’ho scritta io, perché volevo far capire che Chris non è andato in Alaska per l’amore della natura, ma anche per altro, nonostante abbia cercato di mantenere un rapporto con Billy e Walt, i nostri genitori.
Io non avrei mai avuto la forza di seguire la storia di Chris, ma per noi è stato un dono quello che ci ha lasciato. Così come è stato un dono conoscerlo e vorrei che fosse qui a raccontare la sua avventura. Proprio per questo, la cosa migliore che posso fare è sforzarmi di insegnare alla mie figlie quello che Chris mi ha insegnato. E spero che il mio libro possa aiutare i lettori a cogliere come fosse realmente mio fratello.
Camilla Brumat
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