Oggi pomeriggio nella Sala Gialla, Ferzan Ozpetek insieme a Carolina Crescentini ha presentato il suo nuovo libro “Sei la mia vita”.  Durante l’incontro ha affrontato diversi temi parlando del suo libro, di alcuni personaggi e episodi della sua vita, ma anche dell’Italia in cui è arrivato molti anni fa.

-Cosa ricordi di quell’Italia?-
Chi ha la mia età si ricorderà com’eravamo. Scrivendo il libro mi sono reso conto di quanto eravamo liberi di testa, il che è un controsenso perché dovremmo esserlo di più oggi.

-Ma cos’è cambiato?-
La caduta del muro di Berlino sorprendentemente ha creato molti più muri invisibili. La caduta delle torri gemelle ha fatto crescere una notevole sfiducia verso il prossimo. E poi tutta questa tecnologia! Devo dire che spesso io sogno di non avere il telefonino o internet.
-E il tuo quartiere, oggetto di molte storie, come è cambiato?.
Ricordo ancora come se fosse la prima volta, quando l’autobus è entrato in via Ostiense, anche se oggi è cambiato molto: ad esempio prima c’erano molti romani nel mio quartiere, ma tutto ovviamente si trasforma, è normale.
A me fa piacere avere l’Europa unita, ma in realtà sono in un contrasto interno, perché ho la nostalgia della lira. Io sono per tutto ciò che è multietnico, ma non sopporto che ci siano posti con pizza e kebab insieme.
-In quella casa, in quella terrazza, hai incontrato personaggi magici che hanno preso corpo nelle fate ignoranti-
Quando io a mio padre parlavo di Vera, lui spesso voleva conoscerla, ma in realtà non ha mai saputo che Vera era una trans. Delle persone che io frequentavo i miei non hanno mai saputo nulla.
Ho conosciuto queste persone, ma uno quando vive non si rende conto di quanto tutto sia fuori del comune e di come oggi sarebbe più complicato. Come Vera la domenica che entrava in casa, cominciava a cucinare e si creava questa tavolata enorme con persone nuove che arrivavano perché rimorchiate da altri. Più le vigilesse che raccontavano chi avessero rimorchiato facendo multe o la cassiera del supermercato che ci passava la spesa. Era un po’ la condivisione di affrontare la vita in un certo modo. C’era l’intellettuale, così come c’era l’idraulico ed era un’atmosfera bellissima.
 
 -Questo libro è così: ci sono diversi livelli di finzione, ma con anche molti momenti di sincerità, soprattutto sui sentimenti.-
Quando ho dovuto rileggere il libro, mi sono sentito strano e la stessa cosa mi succede nel cinema. Racconto i sentimenti e poi quando li rivedo non mi sento io, anche se metto me stesso nei film.
  
-Fai anche un accenno al fatto che le unioni civili andrebbero riconosciute, soprattutto per i diritti delle persone.-
Io mi meraviglio di chi critica i gay che si vogliono sposare. Una volta gli omosessuali non volevano sposarsi ed essere ribelli, diversi. Ora che vogliono sposarsi ed essere come tutti quanti vengono criticati e quindi non ne capisco il motivo.
Ma tornando al discorso dei diritti, penso soprattutto al fatto che anche se vivo con il mio compagno, da sempre, e condivido con lui moltissimi sentimenti e momenti, se dovesse succedermi qualcosa, chiamerebbero un mio parente con cui magari non ho niente a che fare e non chiamerebbero lui, perché da un punto di vista giuridico non rappresenta nulla. Questi sono i diritti che andrebbero riconosciuti.
  
-Dici che in amore si deve perdere il controllo.-
Assolutamente, l’amore è una cosa folle, in cui bisogna perdersi completamente. È quasi una malattia.
-Dal ragazzo che è arrivato qui con il sogno del cinema è passato molto tempo.-
Si decisamente, io ho cominciato portando i caffè, accendendo e spegnendo le luci per un set e aiutando un attore a ricordarsi le battute. Mentre lo aiutavo,  lo pregavo di fare bene perché si trattava del mio primo compito, ma lui non si ricordò nulla e il regista, che era una persona buonissima, capì subito.
-Emozioni e magia sono un po’ la caratteristica dei tuoi film. Sembra un po’ una bolla. Com’è Ferzan sul set Carolina?-
È assolutamente divertente, lui ti protegge, ti aiuta, ci tiene molto ai suoi attori, solo che c’è sempre cibo sul suo set e si rischia di ingrassare! Però ci si diverte moltissimo.
-Le persone con cui hai debuttato all’inizio te le sei sempre portate dietro nel tempo-.
Si, solo che ora il mio aiuto regista ha debuttato alla regia e ora mi manca molto perché il fatto che sia andato via è un po’ come avere un figlio che si è allontanato da me. Ma il fatto di lavorare con le stesse persone succede anche con gli attori e questo succede perché si crea una notevole confidenza.
-Perché dici che un film è sempre una storia d’amore che finisce?-
Quando sto per iniziare un film penso sempre che l’ultimo a cui ho lavorato fosse meraviglioso. Tuttavia andando avanti, quello che sto girando prende il posto del film precedente. E’ un amore che finisce perchè i set portano con sé sempre molti ricordi che hanno il loro notevole peso.
-Racconti spesso molto di te in questi film e libri. Dopo tutti questi anni, hai ancora qualcosa di te da raccontarci e che non sappiamo?
Qualcosa si, infatti ho già un’idea, ma non posso già dirvelo. L’altro giorno ho cercato su internet il mio nuovo libro e questa è una cosa che non andrebbe mai fatta! Cercando, ho trovato uno che ha insultato in tutti i modi il mio lavoro, ma continuava dicendo che l’altro giorno gli avevano regalato “Sei la mia vita” e che l’aveva letto tutto d’un fiato. Concludeva con una preghiera: Ozpeteck, non fare più film, ma scrivi solo più libri!
“Quello che a me fa effetto è la condivisione che si ha con le persone che incontrano e che parlano dei miei film, e questa è una cosa che mi piace troppo. Io condividendo con loro queste emozioni che ho voluto trasmettere nei miei film mi sento meno solo. Penso che sia la cosa più bella che possa capitare a una persona”.
Camilla Brumat