Non sorprende che all’incontro di Giovedì sera al Ridotto del Verdi ci sia una cospicua folla tutta al femminile ad attendere di poter entrare. Ciò che piacevolmente stupisce è il vedere anche un buon numero di uomini, vuoi perché accompagnano la moglie, vuoi perché realmente interessati, in coda per la presentazione del libro “Quello che le donne non dicono”. Una raccolta di storie in rosa selezionate dall’omonimo concorso nazionale che mette in luce ciò che il popolo femminile pensa ma non dice pubblicamente. In collaborazione con la Compagnia di Arti & Mestieri , il concorso è ideato per dare visibilità alla produzione artistica delle donne, vietata per molto tempo. Bruna Braidotti, drammaturga e regista friulana, dialoga con due ospiti di spicco, Valeria Palumbo e Alessandra di Pietro. Quest’ultima, giornalista e scrittrice, ribadisce come la scrittura sia il primo mezzo tra la donna e quello che prova, come essa sia stata la migliore alleata dell’universo femminile, soprattutto in un’epoca dove il divieto di pubblicazione soffocava la loro voce e trovava sfogo nel diario. Proprio per questo, tale genere letterario è fondamentale e talvolta si trasforma in un vero e proprio capolavoro, come quello scritto dalla moglie di Tolstoj.
Ma che cosa, precisamente, le donne non dicono? I temi sono svariati e ogni anno si rinnovano: da “Quello che le donne non dicono da bambine” fino al rapporto con la loro madre. Tra gli argomenti più trattati ci sono gli uomini, la violenza e la disubbidienza, vista quest’ultima come un qualcosa di tipicamente vergognoso per il comportamento femminile. Essa è la causa, continua invece Valeria Palumbo, dell’esigua ironia nei racconti. Giornalista e scrittrice, la Palumbo ha fatto parte della giuria e sottolinea che il poco sarcasmo sia la conseguenza della mancanza di un pizzico di cattiveria e di trasgressione, dovuto appunto all’educazione all’ubbidienza. Consiglia perciò la lettura di più autrici, citando l’esempio del diario di viaggio di Agatha Christie, giudicandolo a dir poco esilarante. Altri elementi deludenti nei racconti sono stati la scarsa presenza di figli adulti, ambizione e desiderio di potere. Questo ha portato al dibattito sulla leadership femminile e sul concetto di dominio come sinonimo di mascolinità. “Una pecca di noi donne”, interviene la Di Pietro “È il credere nel mito dell’orizzontalità, ovvero che siamo tutte uguali, tutte forti allo stesso modo. Questo è sbagliato. Dobbiamo ammettere che ci sono donne più brave e altre meno. Quando ciò avviene, difficilmente si accetta la superiorità dell’altra, non potendo così coalizzarci e fare lavoro di squadra”. Per questo motivo il concorso, che avrà termine il 31 gennaio con la nuova tematica “Quello che le donne non dicono sulle altre donne”, sarà spunto di ulteriori riflessioni, per capire rivalità, concorrenza e complicità del mondo femminile.
Ma ecco come la scrittura sia il rimedio curativo all’apparente conflittualità tra nemiche. A prova di ciò sono la popolarità che questi racconti hanno tra le donne. Nelle letture nei locali e nelle pubblicazioni nei siti internet si formano delle vere e proprie comunità al femminile che si rispecchiano e si mettono a confronto con ciò che leggono, evidenziando una volontà di esplorare se stesse.
Ultimo tema di dibattito è stato anche un’ iniziativa che i giornalisti e le istituzioni pordenonesi hanno pattuito riguardo il trattamento nei media sulla violenza delle donne: “ Molto spesso a mio parere” commenta la Braidotti “ Le donne vengono mortificate e quasi ridicolizzate nelle immagini di violenza subita, senza mai ritrarre l’artefice o la vittima che si ribella, infastidendomi parecchio”.
Uscendo dalla sala, a incontro terminato, ciò che commuove è il vedere signore e ragazze che sventolano assegni a favore della campagna di sostegno alla scena delle donne, esempio concreto di supporto femminile nell’arte e nella scrittura
Sara Gurizzan,
Liceo Scientifico M.Grigoletti, Pordenone
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