“Rocco è depresso, arrabbiato, solitario, manesco, borderline, cattivo e cinico coi sottoposti. Può anche risultare simpatico, ma io non lo so se tutti gli assassini sono anche antipatici.”
Il ritratto che Antonio Manzini fa del suo personaggio non è certo quello di un tutore della legge integerrimo. Eppure da una persona di responsabilità, vorremmo idealmente che fosse integra, un leader forte su cui poter fare affidamento, che ci porti in salvo dalla palude in cui siamo caduti. Ma, ormai, è finito il tempo delle rassicurazioni. Le promesse, in realtà, mettono distanza tra noi e il capo del gregge e preferiamo qualcuno di vicino, anche debole, ma che non nasconda le sue debolezze. Qualcuno come Rocco Schiavone, eroe anticonvenzionale dei romanzi seriali di Mancini.
“Siamo stufi di vivere in un paese senza la certezza della pena” pronostica l’autore “E pensare che alla fine qualcuno, in galera, ci finisce, dà un brivido di piacere.” Un altro motivo per cui i lettori sono così affascinati da questo personaggio fuori dalle righe. “Fuma le canne ma fa anche cose peggiori.” E solo a noi, presenti alla conferenza del ciclo Salone Off 365 giovedì scorso, l’autore svela un piccolo retroscena: “Era ancora più terribile nella prima versione. Poi il primo critico a cui l’ ho fatto leggere, mia moglie, ha detto: mi fa schifo lui e mi fai schifo tu che l’ hai pensato!” E così per salvare romanzo e matrimonio, come tutti gli uomini, ha dovuto per forza migliorare e crescere, finché Rocco non è diventato “una persona vera. Tanto che si siede a tavola con noi e pago pure la nettezza urbana.”
La sua fortuna non ha smesso di crescere e la recente uscita in libreria di “Cinque indagini romane per Rocco Schiavone” è stato un successo editoriale. Merito anche della casa editrice Sellerio “una bellissima casa editrice, con l’unico difetto di avere anche Camilleri tra gli autori, che spara romanzi come un katiusha, e di pensare, quindi, che tutti noi altri possiamo fare lo stesso.” Solo i veri amici possono prendersi in giro senza rancori e Manzini è conscio dell’importanza del rapporto che lo lega al grande scrittore siciliano “Ho la grande fortuna” ammette “di poter chiamare Camilleri per telefono per potergli chiedere consiglio.” E aggiunge “Lui mi dà ogni volta due consigli importantissimi che sono sempre gli stessi: fa come ti pare e sono cazzi tuoi”. Amorevoli rimproveri, che possono nascondere una velata competizione: entrambi sceneggiatori, entrambi giallisti, entrambi per Sellerio.
Una rivalità che si sposterà tra poco anche sul piccolo schermo, dal momento che anche Rocco, come il suo collega Montalbano, sta per avere una fiction tutta sua. Certo la Rai dovrà fare qualche piccolo compromesso sulle sue abitudini ribelli, ma d’altronde non sarebbe la prima volta che proietta una serie gialla poco convenzionale “E invece che a Gubbio ci siano 169 morti assassinati all’anno, tutti risolti da un prete… è normale? Mi spaventa molto di più. A Gubbio neanche andrei ad una riunione condominiale.”
E con il commissario di Vigata, e tanti altri colleghi, Rocco condividerà anche il destino di solitudine. Un esempio classico è Maigret, che “aveva una moglie, ma non si vedeva mai. Perché? Dopo che ho conosciuto dei poliziotti, ho capito. Molti erano persone sole. Chi è soddisfatto della propria vita non vorrebbe fare quel mestiere, non sulla strada. La moglie di Maigret non si vedeva mai perché non c’era spazio per lei. Lo sceneggiatore avrebbe dovuto svilupparlo in due direzioni. Questo perché i maschi sono molto ambigui. Perché continuare a 50 anni a giocare a calcetto con gli amici? E’ umido, di notte, ci si fa male. Si fa per quello che viene dopo: la complicità della doccia. Per poter fare ancora quello che si faceva a 13 anni. Mentre a casa l’uomo deve mettersi una maschera. Con una donna è diverso, la casa non è una restrizione per loro, perché non devono recitare.” Rocco, però, parla ancora con lo spettro della moglie morta. E’ peggio che solo.
Il mondo descritto da Manzini, trainato interamente da questo personaggio così disgraziato, è quello nei suoi occhi: un mondo di povertà e solitudine, fatto di luoghi bassi e persone basse. Senza l’intenzione di voler fare del romanzo una denuncia (“quella la lascio ai giornalisti”) quanto piuttosto per inseguire un’esigenza personale “Sono appassionato all’anima nera delle persone, alla parte più profonda del pozzo. Di Briatore non me ne frega niente e neanche delle beghe nei tribunali o delle leggi con i canguri. Mi interessano gli esseri umani e Rocco è la scusa.”
Martina Dattilo, Redazione BookBlog
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