OSPEDALE REGINA MARGHERITA, 14 aprile. Terzo e ultimo incontro prima del Salone tra la scrittrice e poetessa Vivian Lamarque e gli studenti della scuola Ospedaliera del Regina Margherita che la hanno adottata. Ecco il resoconto di Vivian Lamarque, da lei stessa titolato “La bambina di ghiaccio”
L’ultimo incontro è stato ancora più emozionante.
Più numerose le ragazze presenti, c’erano anche tre ragazzi, due di 14 anni (età media del gruppo) e uno di 15.
Per me il piacere di conoscere volti nuovi, ma anche il piacere di riconoscere quasi come amiche di vecchia data le ragazze che erano state presenti ai due primi incontri.
Passiamo subito alla lettura dei loro “compiti”: nel mese di intervallo potevano scegliere se creare una fiaba tutta loro o se continuare, ricreandola, la mia “La Bambina di ghiaccio” di cui avevo dato l’incipit.
(Ai ragazzi nuovi ho chiesto di immaginarla lì, al momento)
Un ragazzo ha proposto la storia, in Alaska, di un lupo, “il nome non lo conosco”; un altro di essere sull’Himalaya con un cane husky; il terzo di abitare isolato in un posto caldissimo, e di avere superpoteri).
La maggior parte delle ragazze ha scelto di continuare “la Bambina di ghiaccio”,non a caso avevo scelto, tra tante, proprio quel mio vecchio titolo, quella protagonista con cui era facile identificarsi.
”Aveva gli occhi bianchi e lucenti, aveva i capelli di cristallo.
Aveva una sciarpa ricamata di brina, aveva un cappotto di candida neve, ai piedi aveva scintillanti affilatissimi pattini.
Era una bambina di ghiaccio.
Abitava da sola in una casa di cristallo. La casa, piccola, era al centro di un grande lago gelato…”.
Eccetera, eccetera. Casa isolata dunque, “solo farfalle, uccellini, o leggerissimi bambini avrebbero potuto raggiungerla…”. Facile, dicevo, l’identificazione con quella creatura pallida, che più avanti descrivo con “pelle cristallina che lascia intravedere sottili azzurrissime vene e ossa delicate come di zucchero”.
Ho chiesto loro di leggerci, ad alta voce, le loro conclusioni di fiaba e mi hanno colpita molto anzi moltissimo. Penso che a chi le ha in cura potrebbe servire molto leggerle; vedere le soluzioni da loro stesse suggerite per andare incontro a quella Bambina isolata, per salvarla.
Al Salone di Torino ne parleremo ancora, dunque arrivederci là, la mattina del 16 maggio, dove sarò felice di donare loro una copia della fiaba e chiederò di leggerci qualche riga (a seconda del tempo a disposizione).
E’ poi scoccata la fine della lezione. Più difficile delle altre volte salutare ragazze, ragazzi, prof. Sono stati incontri intensi, benché ogni volta curiosamente colpiti da ritardi di ogni genere, compreso un mio sbagliare treno, di cui ancora mi scuso.
Ogni volta, uscendo dalla stanza, incrocio puntuale (h 12,20) i carrelli del cibo: loro nemico, loro salvezza.
Vivian Lamarque
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