Tra riflessioni sul personaggio di Bruce Springsteen e un’ attenta analisi della sua carriera musicale, Alessandro Portelli racconta la leggenda del rock americano presentando il suo libro: “BADLANDS – Springsteen e l’America: il lavoro e i sogni”. La conferenza, tenutasi nell’Arena Bookstock del Salone Internazionale del Libro di Torino, si è aperta sulle note di uno dei più grandi successi del Boss.

“Il rock ‘n roll era nato come cultura effimera, una voga degli adolescenti”, dice Alessandro Portelli, “ma successivamente è diventato qualcosa di più”.

Ma dove affondano le radici di questo genere?

Il rock ‘n roll nasce come musica popolare, una folk music emersa dalla classe operaia: Elvis Presley era un camionista, lo stesso Springsteen crebbe in una famiglia della cosiddetta working class e fu impiegato come tassista e operaio.

“Il rock ‘n roll rappresenta una spaccatura, certo, ma con un grande elemento di continuità: dentro di sé contiene la storia della musica americana. Springsteen lo capisce, e forse questo è il suo più grande pregio”.

Il boss infatti trae elementi dalla cultura popolare e li integra nella sua musica: è il caso di The River, canzone nella quale riprende la storia di una sconfitta esistenziale, caratteristica della country music. Inoltre, a differenza di Bob Dylan, pilastro della musica folk americana, Springsteen capisce di poter raccontare delle storie: ne è esempio lampante la canzone Nebraska. Ispirata dal film La Rabbia Giovane, in Nebraska cade tutto il superfluo e rimane l’archetipo, riducendo all’osso il significato della pellicola.

Dopo gli eventi dell’11 Settembre, Springsteen riconosce ed esorcizza il male che cresce in dopo quella violenza: Portelli lo considera il momento più bello e intenso della sua intera carriera musicale.

L’autore conclude la conferenza citando la canzone 41 shots, in cui la frase “ti posso ammazzare solo perché sei vivo nella tua pelle americana” non racconta soltanto la storia di un ragazzo ucciso dalla polizia, ma quella di tutte le nostre vite.

Giorgia Scarrone e Aminata Sow, Liceo Classico Vittorio Alfieri di Torino