Chi ha vissuto accanto a Umberto Eco lo ricorda così: un grande uomo, con la battuta sempre pronta e il sorriso stampato sul volto. L’incontro di questo pomeriggio, dedicato agli anni torinesi di Eco e tenutosi all’oratorio S. Filippo Neri, non voleva infatti essere un ricordo retorico, manieristico e malinconico dello scrittore, semiologo e filosofo, ma piuttosto una “riunione familiare”, un evento informale.
Alessandria – racconta Mario Garavelli, il compagno di banco ai tempi del liceo – è stata la “città Big Bang” per Umberto Eco e il luogo dove, tra i banchi di scuola, è nata la loro amicizia durata oltre 70 anni. Flosio (questo il soprannome di Garavelli) ha raccontato gli esilaranti aneddoti che si celano dietro alle vignette, proiettate sullo schermo, che lo scrittore era solito disegnare durante le ore di lezione, ispirandosi a Jacovitti, e ha anche letto alcune lettere che i due erano soliti spedirsi nelle vacanze. Un ricordo di un’amicizia ludica e animata dalla spiritosaggine, soprattutto da parte di Eco.
Il jazzista Gianni Coscia, altro carissimo amico, ricorda di aver incontrato lo scrittore alessandrino al Conservatorio, poiché Eco era un grande virtuoso e appassionato di flauto dolce; il loro rapporto di amicizia era tale che la madre di Eco gli chiese se potesse convincere il figlio a fare giurisprudenza anziché filosofia, sennò sarebbe morto di fame. Coscia ha regalato una grande chicca ai partecipanti eseguendo alla fisarmonica un brano che venne composto in collaborazione con Umberto Eco, allora innamorato di una ragazza alla quale non si dichiarò mai. Questa storia è contenuta nel romanzo illustrato, e in gran parte autobiografico, “La misteriosa fiamma della regina Loana” (Bompiani).
Dopo aver concluso l’università a Torino, Eco riesce a entrare alla Rai con un concorso insieme a Furio Colombo e Gianni Vattimo; lavora in un ambiente culturalmente vivace e, in quegli anni, sollecita Luciano Berio a creare Thema (omaggio a Joyce). Dopo Torino, Milano e Bologna diventeranno per lui città molto importanti.
L’ultimo amico a intervenire è stato Furio Colombo per il quale Umberto Eco non può portare tristezza, nemmeno parlandone da morto, perché regala una incredibile intensità di ricordi e la sua perdita è stata la perdita di un pezzo di identità e di verità. Tutti quelli che sono intervenuti in questo incontro hanno finito per parlare anche un po’ di sé e non sono stati lo specchio di Umberto Eco, ma la cinepresa – come ha osservato Colombo – e hanno raccolto immagini che oggi pomeriggio hanno restituito.
Eco (autore anche di Tre racconti per bambini, letti a Portici di carta) è stato un vero autore, cioè “colui che aumenta”, e ha vissuto una vita all’insegna dell’allegria. Eco: spiritoso, stravagante, per sempre.
Alan Poggio, liceo linguistico Marie Curie, tutor Fuorilegge
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