La scrittrice, sceneggiatrice e attrice  francese Yasmina Reza, di solito restia a concedere interviste, ha permesso a Cristiana De Stefano, di intervistarla oggi al salone del libro, in vista della pubblicazione del suo nuovo romanzo.

La stessa autrice ha definito il suo libro con la frase: “Non posso definire bene la mia scrittura in generale, è un po’ di tutto”. In questo modo il romanzo acquista l’aggettivo di “inqualificabile”.

L’esordio del sua opera è la descrizione di una fotografia, topos ricorrente all’interno della sua vita. Alla domanda: “Che relazione c’è tra la parola e l’immagine”, l’ospite ha confessato di non partire mai da un tema, ma da un personaggio indefinito e da un’atmosfera. Il primo verso non si sofferma su una planimetria scritta ma su istanti e colori per costruire la trama di un libro. Estirpa la metafisica da una situazione e non cerca le cose eccezionali ma quelle domestiche: “Prendo un’immagine e la descrivo”. “La foto ricorda istanti morti e il destino comune è molto più importante delle differenze”.

Un ultimo topos ricorrente nel romanzo “Bibilonia” è l’amore. Per Yasmina non corrisponde a nessuna definizione reale. La società ha inventato la coppia per rendere la coppia meno selvaggia. L’amicizia invece è una riuscita di vita; gli amici sono figure solide, non facili da mantenere. Secondo l’autrice, si possono fare cose  per un amico più che per un amante.

Il ruolo che ha la letteratura è a favore del lettore, non dell’autore. L’uomo è alla ricerca del suo senso e pensa che l’autore abbia una risposta. Ma è veramente così? Lo scrittore non è un intellettuale, questi sono “soggettività”, mentre l’intellettuale è “oggettività”.  Reza pensa che lo scrittore non sia superiore a nessun altro; infatti ha paura di deludere perchè uno scrittore dà il suo meglio nella scrittura: “Non voglio dare chiavi che non ho”.

La stampa mondiale critica Yasmina per l’approccio crudele che lei intrattiene con i personaggi, ma lei non si sente  affatto superiore rispetto a questi, che percepisce come vivi.

Per aiutarsi nel creare nuovi personaggi, l’autrice presenzia a processi nei quali ella riesce a comprendere una realtà difficile da capire e nella quale riesce a percepire il momento come una miniatura tragica con i diversi protagonisti. Qui grava la sorte che una corte decide nei confronti dell’imputato. In questi casi la verità è una componente fondamentale: “L’oscillazione tra grave e lieve per non perdere l’equilibrio”.

Lisa Greghi e Anna Di Garbo. Liceo Ludovico Ariosto, Ferrara