Protagoniste indiscusse dell’incontro, tenutosi oggi alle 18 in Sala Filadelfia con Alessandro Bergonzoni, sono state le parole: parole che nascondono il mondo, basti pensare all’inglese word, che diventa world in un batter d’occhio. Proprio come “in comprensione” diventa incomprensione, “in realtà” irrealtà o “ribellarsi” tornare al bello.

“Le parole hanno un buco in ingresso ed uno in uscita” afferma Bergonzoni che, con la sua geniale personalità, ha permesso al numerosissimo pubblico di rendersi conto che ogni parola ha un significato che va ben oltre a quello per la quale viene usata. E, poiché la parola è libertà, noi non siamo e mai saremo padroni di esse; pertanto siamo in una totale incertezza e dovremmo  dubitare costantemente riguardo a tutto ciò che ci viene detto. Questo è esattamente ciò che hanno fatto Enrico Terrinoni e Fabio Pedone per tradurre “Finnegans Wake” di Joyce. Un’ardua impresa poiché, come affermano, “tradurre è incertezza”, soprattutto se si tratta di Joyce, il cui gioco va ben oltre ad un semplice gioco di parole: egli mirava infatti a “ricreare la Babele”. In questa apparente confusione noi, per paura di non capire, cerchiamo l’ordine per riconoscerci. “Ma ci riconosciamo? Quante volte noi siamo donne o bambini in una giornata?” Coi libri possiamo essere padri come figli, donne come uomini, possiamo immedesimarci in ciascuno dei personaggi. Per questo Finnegans Wake è sogno, il sogno che dobbiamo sognare tutti.

E, come in Joyce tutto è traduzione, anche noi siamo sempre traduttori: tradurre è vivere. Parliamo con suoni, parliamo con soffi: “Se sentite che li state sentendo non fermatevi a sentire.”

Gaia Olocco e  Gaia Pignata

Liceo classico Alfieri