Quasi come per uno scherzo del destino, in questo 2017 ricorrono due anniversari di morti eccellenti, entrambi necessitanti di una commemorazione in questa edizione del Salone: quella del Che Guevara e quella di Rodolfo Walsh. Commemorazioni non mortuarie, al limite dell’agiografia, ma poste quasi come riepiloghi oggettivi e scientifici delle loro opinioni e vicissitudini.
I due personaggi sono stati raccontati da Paco Ignacio Taibo II, autore della celeberrima biografia del Comandante (Senza perdere la tenerezza) e della prefazione alla più recente ristampa del capolavoro di Walsh, Operazione massacro. Ad unire questi due personaggi, secondo le parole di Paco, è proprio l’essere stati due modelli opposti di come un personaggio possa passare alla Storia: se da un lato il Che è il Mito per eccellenza, la figura che irrimediabilmente entra nella memoria collettiva quasi come un’entità ancestrale ed immacolata, dall’altro Walsh è uno di quei personaggi che, malgrado l’immenso lascito ai posteri, sembra muoversi quasi in punta di piedi nella loro mente. Proprio per questa sua peculiarità la figura di Rodolfo è spesso paragonata a quella di Pier Paolo Pasolini, come di un autore che ha rivoluzionato l’idea stessa del giornalismo e del reportage, introducendo le lunghe inchieste approfondite ed articolate che saranno di ispirazione anche per autori del calibro di Gabriel García Márquez. Eppure entrambi sono spesso visti come due uomini fuori dal proprio tempo, molto più avanti degli anni in cui vissero, creando dunque una gigantesca contraddizione; essi sono infatti resi universali dal loro esemplare rapporto col loro tempo e con il mondo che si sono lasciati alle spalle. Un rapporto che è stato sempre determinato, oltre che dalle azioni e dalle lotte, anche dalle opere letterarie, caratterizzate da prose asciutte e dirette, divenute, specialmente nell’America del Sud, quasi delle bibbie per gli ambienti vicini alla sinistra. Quale altra ala politica avrebbe infatti potuto meglio accogliere le lezioni di un uomo che ha rinunciato alla sua vita nel nome della rivoluzione e di una voce che ebbe il coraggio di denunciare crimini e abusi della nascente giunta militare? Sicuro non quella del centro che si rifà ad un polo rappresentante solo del nulla, della vuotezza, ma sicuramente sempre la più facile da affrontare.
Piervittorio Milizia, Giovanni Sette
Liceo Ludovico Ariosto, Ferrara
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