Ci troviamo in un piccolo locale del centro, “Da Emilia”, dove il clima è di partecipazione ma allo stesso tempo molto rilassato.
Gli spettatori, se così si possono chiamare, sono piacevolmente sparsi tra i tavolini, nell’attesa mangiano o sorseggiano qualcosa (P.S. Lo spritz è tanto buono), scambiandosi due parole.
Partecipano all’incontro Enrico Gabrielli, autore di Piscine Terminali, musicista e disegnatore e Giorgio Mayer Gatti, l’editor del libro.
“Piscine terminali” è una raccolta di 17 racconti di fantascienza nera o dell’imprevisto; sparsi tra le sue pagine ci sono i disegni, sempre dell’autore.
Se siete poco familiari con il genere, non storcete il naso: questo filone potrebbe rivelarvi interessanti sorprese.
La prima domanda che si rivolge all’autore riguarda la scelta particolare del titolo, Piscine Terminali.
Prima di tutto, dice Gabrielli, tutti (inclusa sua moglie) lo storpiano, facendolo spesso diventare Piscine Termali e questa idea piace all’autore, perchè Piscine Terminali “non è un concetto che esiste“.
Inoltre, l’autore ha un brutto rapporto con il nuoto e afferma di aver sempre visto la piscina come un luogo di tortura. E ancora, Piscine Terminali è quasi un ossimoro: una piscina, nella concezione di un nuotatore, è fatta per essere percorsa in avanti e poi indietro molte volte, non per essere attraversata una volta e poi semplicemente “terminare”. Non ha una fine, la piscina, o almeno non dovrebbe.
E il fatto che nel titolo la abbia suscita inquietudine.
Tutti i racconti vanno a finire male.
L’idea di scrivere brevi racconti nasce da una serie anni ’80 di Roald Dahl, “Tales of the Unexpected”, composta da brevi episodi che raccontavano ognuno una storia a sè, spesso di genere horror, thriller o fantascientifico.
L’ispirazione, invece, viene dai momenti morti dei tour: Gabrielli è un musicista e spesso, dice, le idee gli vengono proprio durante i viaggi. A volte, addirittura, anche durante i concerti, nel mezzo di un pezzo, quando suonare diventa meccanico e la mente si svuota e vaga – come succede viaggiando, quando ci si stufa di guardare fuori dal finestrino.
L’Editor ci racconta di avere incontrato Gabrielli per caso e di aver poi lavorato moltissimo con lui; lo paragona a Fredric Brown, scrittore fantascientifico che produceva racconti brevissimi, alcuni poche pagine o una sola, estremamente incisivi e interessanti.
“Non avete scuse”, scherza a proposito della lettura di Piscine Terminali, “i racconti brevi si leggono in metro o anche sul cesso“.
Si passa poi alla lettura di alcuni estratti del libro. Gabrielli, che preferisce non leggere di persona i propri racconti (“non sono così sexy“) posiziona il suo portatile su una pila di libri – nessuno dei presenti è sicuro che resterà in equilibrio – e ci propone di vedere piuttosto dei video musicali: il suo libro viene letto da un attore e sullo sfondo vediamo i disegni di Gabrielli.
Il primo racconto che ascoltiamo e vediamo è su Cesare Lombroso, che con un amico e collega, Paolo Mantegazza, ha costruito una strana macchina.
Lombroso si presta a questo tipo di racconto: la sua ricerca rimarrà sempre nell’ambito della pseudo-scienza, perchè non riuscirà a tenere il passo con la scienza vera e propria.
Lombroso sembra consultare degli spiriti, riesce a trovare la frase che azionerà l’ordigno e la digita: l’amico e la macchina scompaiono di colpo dalla sua vista.
Poi, una domanda su quanto l’esperienza musicale dell’autore si inserisca in ciò che scrive; Grabrielli risponde che il suo essere un musicista non influenza la sua scrittura, la sua musica non si percepisce dietro ai suoi racconti. A volte alcuni musicisti sentono la necessità di avvicinare questi due mondi, ma è sempre in modo forzato.
Passiamo a un nuovo racconto, L’O-Twist, che questa volta è focalizzato sulla robotica. In una società futura, i robot sono una realtà quotidiana. Sentendo che un robot umanoide con le fattezze di un adulto avrebbe provocato nell’uomo una certa inquietudine, un’azienda ha messo sul mercato, con successo, dei robot domestici con l’aspetto di bambini. Essi aiutano in casa, dimostrando un comportamento sempre esemplare e obbediente, e sono percepiti da molti come dei figli a tutti gli effetti, dai bambini come dei fratelli beneducati e servizievoli. Uno di loro, però, ha attaccato violentemente il suo padrone, staccandogli la mano. L’O-Twist volge intorno ad un processo in tribunale, in cui si scontrano l’accusa e la difesa, rappresentata dal produttore di questi robot, che arriva a ipotizzare che dietro al comportamento anomalo del robot bambino si celi un inquietante trauma subito in casa. E in effetti, si scopre, sarà proprio così.
Questi racconti fantascientifici, dice l’Editor, sono ‘facili’ da leggere, nel senso che non risultano troppo complicati o pesanti per chi non è esperto del genere. Possono quindi servire a introdurre questo particolare filone a chi non lo conosce.
Spesso alla fine del racconto la situazione iniziale viene completamente ribaltata: “La Fila“, ad esempio, descrive una lunga fila di donne, vecchi e bambini che attendono da un tempo indefinito, ammassati uno dietro l’altro con le loro borse, affamati. Il tempo sembra non passare mai, la lunga fila non diminuisce. Il racconto, che nella mente del lettore evocherà uno scenario simile a quello delle fughe di persone da Berlino Est, si rivela essere ambientato alla Sagra del Raviolo, quando finalmente la protagonista si trova con lo scontrino davanti al bancone.
Questa è la fantascienza dell’imprevisto.
Parlando poi di background culturale, si dice che aver letto e studiato sui libri precedenti è sì importante, ma non basta per scrivere narrativa: serve anche qualcosa in più, qualcosa che l’Editor definisce in Gabrielli come “inconscio noir”.
Poi, si riflette su un’eventuale trasposizione cinematografica di “Piscine Terminali“: un film a brevi puntate sarebbe ideale, secondo l’autore.
Ascoltiamo, infine, un ultimo racconto: Tatboo, l’unione di tatoo e tabù. Questo estratto è più complesso di quelli che abbiamo ascoltato prima; la società descritta è stata riorganizzata in modo da eliminare la grande differenza tra classi sociali: gli abitanti, divisi in classi che vanno di cinque anni in cinque anni, possono compiere un’ascesa o una discesa sociale, in modo che chi nasce povero nel corso della vita diventi ricco e viceversa. Ognuno sperimenta l’intera gamma delle condizioni sociali.
Nelle classi più basse, gli uomini perdono i loro diritti fondamentali. I politici sono ormai convinti vegani e gli animali sono protetti; per questo, essi non sono più sfruttati per testare prodotti o stipati negli allevamenti: il loro posto lo hanno preso gli uomini che appartengono alle classi più basse, reclutati periodicamente per questa vita terribile.
Inoltre, tra le classi più alte è praticata illegalmente la caccia all’uomo, considerata più stimolante di quella all’animale. Quando però qualcuno viene scoperto a compiere questo genere di attività, le pene sono severissime. Prigionia, o più spesso condanna a morte per “cannibalismo crudista”: il colpevole viene mangiato vivo, insomma, da giudici sceltissimi.
La fantascienza nera e dell’imprevisto può sembrare un genere riservato ai pochi appassionati, ma Piscine Terminali dimostra che non è così: le due autrici di questo articolo, che non conoscevano il genere e apparivano probabilmente un po’ spaesate all’inizio dell’incontro, spinte dalla curiosità e dall’interesse hanno comprato il libro e non vedono l’ora di leggerlo.
Bianca Martinetto
Bianca Ceragioli
Liceo Classico Vincenzo Gioberti
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