E’ ormai chiaro che Uber, Facebook, Microsoft e Google non siano quei paladini di un futuro radioso, quale ci propongono. Essi non sono neanche, come si crede, inventori di un sistema economico alternativo o antagonista del capitalismo e non ne costituiscono una forza democraticizzante, bensì sono i fautori della sua evoluzione digitale, logica conseguenza del sistema neoliberista.

Queste innovative aziende, grazie a fatturati enormi e alla fiducia degli investitori, stanno rapidamente decuplicando il proprio utile (+400 miliardi nel 2017) espandendo il proprio raggio d’azione, divorando il mercato e la concorrenza.

Le falle nei servizi causate da welfare colabrodo sono saturate da queste aziende, che propongono alternative più economiche e spesso funzionali: sono infatti in grado di asfaltare la concorrenza grazie ad un sistema celato che mina i diritti dei propri lavoratori, che non sono più inquadrati in quanto tali ma come collaboratori autonomi, quindi privi di tutele.

L’opacità, che oscura il sistema economico digitale, permette a questi colossi di barattare servizi in cambio di informazioni personali che a loro volta sfruttano o vendono con lo scopo, non più di calibrare la pubblicità, quanto di sfruttarle nella elaborazione delle intelligenze artificiali.

Il consumatore viene presentato da queste come il fulcro e il fine del mercato e delle proprie attività, quando invece è trasformato in una sorta di lavoratore perpetuo, fonte di informazioni e quindi, in un secondo tempo, di guadagno.

Se per il consumatore, nel breve periodo, l’automazione, frutto di queste ricerche, non costituirà un problema, lo sarà eccome per i lavoratori sempre più precari, non tutelati e pian piano sostituiti da computer, con la totale distruzione del patto sociale costituito dal rapporto lavorativo.

Appare quasi impossibile arrestare l’avanzata di queste imprese a causa dei trattati commerciali statunitensi, a cui gli stati firmatari devono attenersi e che ne hanno preparato l’ascesa incontrastabile. Lo scenario che emerge dunque più probabile è quello di un mercato globale egemonizzato su ogni fronte dalle aziende della Silicon Valley e dalle loro omologhe cinesi.

Francesco Casari e Fabrizio Pasqualini

Liceo Ariosto