Paolo Villaggio è stato un artista che, attraverso una maschera duratura in grado di resistere nel tempo,ha illustrato una parte del carattere nazionale, a volte esasperandola e a volte no.
L’undicesima edizione di “Portici di carta” a Torino è dedicata proprio a questo grande artista e la conferenza del 7 ottobre che tratta della sua interpretazione celeberrima, Fantozzi, ne è stata senza dubbio la dimostrazione.
Tra il pubblico coinvolto e affezionato, sono le parole di Stefano Bartezzaghi a rendere l’atmosfera nell’oratorio San Filippo Neri, location dell’incontro, di una bellezza ancora più intensa e affascinante. Attraverso la sua lezione “Così Fantozzi” elenca le varie tappe della carriere dell’artista dal suo esordio nel 1968 nel programma “Quelli della domenica”, al primo libro nel 1971 fino al primo film nel 1975. Nel 1977 l’aggettivo “fantozziano” entra nel lessico comune e rappresenta il massimo successo a cui qualsiasi uomo possa ambire.
Il personaggio di Fantozzi appariva come un pupazzo, il medio borghese rozzo e maschilista, impotente e obbligato allo schiavismo, cose che la modernità ci fa dimenticare. È proprio questo che ci ricorda Paolo Villaggio, prima della sua scomparsa, nel documentario-intervista di Mario Sesti, che Fantozzi è ognuno di noi.
Noi pensiamo di ridere di un pericolo scampato quando in realtà è il “fantozziano” a ridere di noi.
Eva Canigiula e Giulia Boffa
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