Vuoto, abbandono, commozione, tristezza: questo è l’insieme di sensazioni che diciotto ragazzi del Liceo Monti di Chieri (To) hanno provato leggendo l’ultimo romanzo di Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta (Einaudi 2017). 

Il 23 ottobre noi studenti della IV C del Liceo Linguistico abbiamo avuto la fortuna di poter incontrare a scuola l’autrice, nell’ambito di un progetto di promozione della lettura realizzato dal Salone del Libro di Torino e da Torino Rete Libri.

Il romanzo si interroga sui rapporti famigliari, in particolare sul rapporto madre/figlia, nel povero mondo di un paesello dell’Abruzzo montano. “All’opposto dell’amore, la relazione madre-figlio sfocia in questo caso nell’abbandono, nel rifiuto, nella rinuncia. Non so esattamente come dovrebbe essere una madre, è una domanda più grande di me, ma sicuramente i bambini orfani tendono a colpevolizzarsi per l’abbandono subito”, ci ha detto l’autrice, alla nostra richiesta di spiegarci quale per lei fosse il reale significato di essere madre.

Un altro tema del libro è il conflitto tra città e paese. Si parlano persino lingue diverse. Entrambi i mondi, tuttavia, ci sono parsi segnati dalla violenza, anche se in modo diverso. Abbiamo allora chiesto all’autrice di dirci qualcosa su questo conflitto, anche in relazione alla sua scelta di utilizzare il dialetto nel libro. “All’inizio non volevo utilizzare il dialetto, ma poi mi sono accorta che era necessario per esprimere appieno ciò che volevo dire. La violenza, seppur in ambiti diversi, si manifesta con la stessa durezza sia in città sia in paese. Da una parte, la vediamo attorno alla figura di Vincenzo, quando torna a casa e suo padre lo picchia. Dall’altra, la notiamo all’inizio del libro, quando l’Arminuta viene restituita alla sua famiglia biologica”, ci ha spiegato.

Mentre parlava, siamo rimasti affascinati dalla passione con la quale la scrittrice ci stava raccontando le sue impressioni. “Sembra una persona felice”, ha esclamato un ragazzo di un’altra classe a fine incontro. Ci siamo ritrovati a condividere il suo punto di vista, rimanendo stregati dalla felicità che emanava parlando della scrittura.

“Non ho mai avuto paura del foglio bianco. Mi lascio attraversare, invadere da tutto ciò che arriva da fuori. So che poi dentro di me avverrà una selezione spontanea degli elementi. E sono sempre in ascolto di quello che avviene nel mio teatro interno. Credo che, anche nei momenti di blocco, dentro di me fluiscano pensieri. L’unico consiglio che posso dare è di avere coraggio e lanciarsi senza aver paura di cadere”.

Come dice Donatella Di Pietrantonio, bisogna avere coraggio. Dentro ci sentiamo tutti un po’ giovani scrittori, ma è necessario essere coraggiosi, e condividere i propri pensieri per cominciare a cambiare un po’ questo nostro mondo.

Megan Bossù, Liceo Monti di Chieri

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