L’incontro di oggi lo abbiamo organizzato in biblioteca. Visto l’ambiente ho pensato di portare il discorso sui libri degli altri: quelli che leggiamo e ci rendono un po’ quello che siamo: quelli che, almeno nel mio caso, mi hanno trasmesso l’amore per i libri e per la lettura. Il maestro ci ha parlato de L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson, e di come quel libro abbia segnato la sua crescita. Io mi sono portato dietro un Corriere dei piccoli del 1975, con una delle primissime Pimpe: avevo sette anni, allora, e con lei imparavo a leggere. Poi Titina f5, di Carlo Brizzolara, che ricordo di aver amato anche se la storia l’ho dimenticata del tutto. E Cion Cion Blu, il libro più bello mai scritto! Ma quando ho preso tra i polpastrelli la mia vecchia copia delle Favole al telefono, di Gianni Rodari, eccoti un fatto inatteso. “il sushi!” esclama uno dei ragazzi, non senza un certo entusiasmo. E la scintilla del corto circuito parte. Per me quel cerchio nero, nella grafica della copertina di Munari, era la rotella del telefono: di tutti i telefoni di tutto il mondo. Era così per me, per il maestro, per la bibliotecaria… non per lui, con il suo sorriso nel nuovo millennio, i cui telefoni hanno tutti i tasti. Per lui un piatto nero con dieci cose rotonde è il sushi. Sarebbe di sicuro d’accordo anche Bruno Munari. E in quel momento mi sono sentito giovane come i ragazzi di fronte a me, con i miei capelli nero chiaro e tutto il resto…
Andrea Valente