Attesa. Interpretata, descritta, vissuta, analizzata.

Che cos’è ciò che viene definito “attesa”? In quali situazioni la si prova? Come si manifesta? Si potrebbe forse descrivere come l’immaginare le emozioni che si proveranno,  i probabili sviluppi di situazioni future. Spesso è lotta assidua con e contro le aspettative, fastidiose e pericolose idee che sgorgano a fiotti dalla mente, vengono rapidamente allontanate ma subito ricompaiono sotto altre spoglie.  Qualsiasi reazione provochi, il sentimento d’attesa non si può ignorare: irrompe prepotentemente nel flusso dei pensieri. C’è chi lo trova lacinante, chi parla di dolori atroci, chi di energia incontenibile; c’è chi lo apprezza, chi intravede la sua meraviglia ma si dice incapace di viverlo appieno. C’è persino chi si crogiola nello scenario immaginario del mondo delle probabilità, astraendosi dal presente nel tentativo di sfuggirgli nascondendosi dietro il fragile muro del futuro idealizzato.  Si può forse parlare di dipendenza dall’attesa?

C’è chi attende le giornate tra il 9 ed il 13 maggio per dialogare con la mano che ha scritto pagine commoventi, ammalianti, sorprendenti o provocanti, chi per associare a quella stessa mano un volto. C’è chi vuole che sia la mai udita, ma quanto mai familiare, voce dello scrittore a chiarire i suoi dubbi e le sue domande. Alcuni, alla ricerca di novità, si preparano a tuffarsi in un immenso mare di titoli e volti sconosciuti; a volte sono persino pronti a lanciarsi con gli occhi socchiusi, rassicurati dall’ambiente circostante: il Salone del libro!

Quest’attesa ha tante declinazioni quante sono le persone che la vivono; tuttavia nel frastuono collettivo delle speranze vi è un’armonia, note estremamente consonanti indicano l’intimo desiderio di ciascuno di trovarsi in un ambiente sterminato e vario ma familiare, comprensivo e comprensibile.

Ester Dall’Olio, 3°W Liceo L. Ariosto di Ferrara