Definito “l’unico, vero, romanzo maledetto italiano”, il libro di Giorgio De Maria, scomparso nel 2009, e’ stato presentato da numerose figure vicine all’autore, tra i quali la figlia Corallina e alcuni suoi amici di gioventu’. Il testo, intitolato Le venti giornate di Torino, e’ stato pubblicato per la prima volta nel 1977 senza ottenere successo di pubblico: infatti, i suoi stessi amici, Signorelli, Gambarotta e Jona, affermarono di essere stati tra le poche persone ad aver letto il romanzo. Trascorsi 40 anni, il libro fu riscoperto e rivalutato da critici ed editori che decisero di pubblicarlo nuovamente nel 2017.
Rilevante e’ stato l’intervento dell’avvocato e amico Emilio Jona che qualifico’ il romanzo come metafisico, letterario, poliziesco, giallo. Inoltre e’ stato frequentemente ripetuto come Giorgio De Maria fosse stato un veggente della tecnologia moderna, ma anche di fatti storici e sociali realmente accaduti.
La trama e’ ambientata nella Torino degli anni ’60: la vera protagonista e’ considerata dalla maggior parte dei lettori la stessa citta’, scelta per la sua ricchezza di monumenti. Torino infatti era in quegli anni una citta’ cupa e immersa in una crisi industriale che le aveva tolto l’identita’.
La figlia ha ricordato il padre scrittore come un uomo fortemente sofferente: egli avrebbe desiderato diventare un pianista, ma a causa di un crampo, non pote’ raggiungere il suo obiettivo, dunque sfortunatamente o fortunatamente intraprese la carriera letteraria.
Il libro e’ stato consigliato per la sua ironia, per il senso di angoscia e per la acuta previsione che sottolineano la straordinaria capacita’ dello scrittore.
Anche a noi e’ sembrata originale l’ intreccio tra le vite dei personaggi e quella delle persone intorno all’autore, oltre alla etichetta di “maledettismo” cosi’ difficile da usare per la narrativa italiana.
Camilla Russo, Simone Pasini
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