Mesopotamia, ecco il nuovo libro dell’autore ucraino Zhadan Serhij, che attraverso questo racconto introduce i lettori in quel piccolo mondo, spesso poco considerato, dell’Ucraina.

Il libro, secondo capitolo di una trilogia che comprende Voroshylovhrad (2009) e Internat (2017), è un romanzo ad episodi la cui struttura ricorda un’opera di uno dei padri della letteratura italiana: il Decameron di Boccaccio.

Interessante è sicuramente la scelta del titolo, poiché ad una prima lettura pare essere fuorviante. Infatti, a differenza di come si potrebbe pensare,  il tema centrale del libro è la città natale dell’autore, Kharkiv, che viene presentata attraverso i racconti di nove ragazzi. Il libro deve il suo titolo all’analogia geografica che vi è tra questa città e la Mesopotamia: entrambi  i luoghi sono situati fra due fiumi.

Zhadan si pone come obiettivo quello di raccontare non solo una parte di sé, ma di offrire una prospettiva generale sulla situazione sociale e culturale dell’Ucraina. Il suo vero intento è quello di dar vita ad un libro internazionale, in cui qualsiasi lettore, almeno in parte, possa riconoscere se stesso in uno dei personaggi  poichè, nonostante le differenze, tutti gli esseri umani “hanno gli stessi meccanismi”.

Egli afferma poi che il ruolo di scrittori e di intellettuali è fondamentale, in quanto  “ambasciatori culturali” e promotori di un processo di trasformazione socio-culturale, volto a cambiare la coscienza degli uomini. Come in ogni “processo evolutivo” vi sono coloro che rifiutano e negano il cambiamento poiché legati ai valori passati.  Di conseguenza, in una società attraversata da cambiamenti e opinioni contrastanti , assume un ruolo centrale la letteratura, mezzo di dialogo e diffusione di idee. Lo scrittore sostiene di sentire il peso e la responsabilità del suo ruolo, sia nei confronti degli altri popoli che dei  suoi concittadini.

Infine Zhadan, che come è noto è autore anche di altre opere come canzoni e poesie,  ha concluso l’intervista sostenendo come non sia importante “la scelta del mezzo comunicativo ma la sincerità nel farlo”.

 Cecilia Dellacasa e Federica Mo