Papa Gregorio VII è così che è passato alla storia, come un rivoluzionario, per il suo tentativo di riordinare la Chiesa secondo uno schema , che sebbene fosse giusto e logico, non c’era mai stato. Nei villaggi medievali della sua epoca era normale che i parroci avessero relazioni e spesso figli; era diffusa la simonìa e molto spesso ai propri figli i parroci lasciavano denaro ecclesiastico e indebolendosi economicamente le chiese, di conseguenza ne soffrivano anche le casse dei grandi episcopati.
Questa riforma trovò appoggio nell’opinione pubblica che trovava indecoroso il continuo diffondersi di questi mali; oltre alla popolazione vi erano soprattutto anche i monaci che, in quanto fedeli al voto di castità, condannavano l’irrispettoso e indecoroso comportamento della maggior parte dei parroci, che erano di fatto sposati.
Gregorio tuttavia perde, muore in esilio con al potere un nuovo papa Clemente III; è sconfitto sebbene cerchi di imporre una struttura gerarchica all’interno della Chiesa, non riesce; vi sono personalità troppo potenti come per esempio l’abate di Cluny che esercita un pressante controllo sulla Spagna, che gli versa regolarmente 2000 monete d’oro all’anno.
A parlare di questo progetto rivoluzionario di uno dei papi più influenti del medioevo sono stati gli storici Alessandro Barbero e Glauco Maria Cantarella, in occasione della presentazione del nuovo libro di quest’ultimo.
Giacomo Bosco e Silvia Bracco
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