Immaginate di vivere in un paese totalitario e di sognare la democrazia, ma dopo averla ottenuta di essere derubati dal vostro stesso paese per ben tre volte.
La prima volta con la liberalizzazione dei prezzi degli alimenti attuata da Eltsin il 2 gennaio del 1992, che vede il 99% dei russi perdere i propri risparmi. La seconda volta nel 1993 col passaggio dal rublo sovietico a quello russo, che obbligava i russi, circondati dai ricchissimi oligarchi, a convertire solo una piccola parte del loro denaro per rinunciare al resto che doveva restare nelle banche. La terza e ultima volta con la dichiarazione da parte del premier Kirienko del default, cioè del fallimento dello Stato.
La storia dell’Unione Sovietica e della Russia degli anni ’90, che da desiderosa di una democrazia passa a vedere questo termine come una vera e propria parolaccia viene raccontata da Francesca Mereu nel suo romanzo storico/ reportage giornalistico Il grande saccheggio. Da zar Boris alla presa di potere di Putin, diario di una democrazia mancata.
Non si tratta di una narrazione distaccata e enciclopedica, che include solo date e nomi, ma di qualcosa di molto più personale, riportato dal punto di vista della sua stessa famiglia, che ha vissuto in prima persona questo periodo storico.
Mattia Scarcina e Eleonora Liberti
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