L’intensa passione per la letteratura e la poesia; la consapevolezza e la responsabilità dell’essere donna, che ama, lotta e soffre; l’impegno civile e politico; la memoria di un singolo popolo che non deve mai trascurare le proprie radici originarie e il contesto che la circonda.

Queste sono state le tematiche con cui la scrittrice nicaraguense Gioconda Belli ha tenuto viva l’attenzione del pubblico presente al Teatro Verdi sabato 9 marzo 2019 all’inaugurazione della 25esima edizione di “Dedica Festival”. Con il contributo e il patrocinio del comune di Pordenone, dell’Alpen-Adria-Universität Klagenfurt e dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’associazione culturale Thesis fino al 16 marzo attraverso spettacoli, conversazioni, cinema, musica, arte, esplorerà il variegato mondo dell’autrice protagonista, la ricca produzione letteraria, il suo sentire incentrato sui temi che vanno dall’emancipazione femminile, all’impegno civile e politico, al rapporto contraddittorio tra la tradizione della civiltà precolombiana e l’attualità talvolta cinica della caduta dei sogni e delle illusioni. “Viviamo in un’epoca in cui sono particolarmente sentite le ideologie conservatrici”, spiega la Belli, “come probabile conseguenza del brevissimo tempo in cui, in realtà, sono avvenuti dei rilevanti cambiamenti nella condizione dell’essere umano”: l’accettazione del diverso è sicuramente legata alla varietà della produzione letteraria della protagonista del Festival, proprio come è emerso grazie alle efficaci domande della scrittrice pordenonese Federica Manzon. Dalle poesie ai romanzi, dai saggi alla letteratura per l’infanzia, l’autrice ha sempre attribuito alla parola un ruolo dal potenziale rivoluzionario proprio perché, oggi, i cambiamenti sono molto meno legati alle ideologie e molto di più al pensiero che è la parola a veicolare. La scrittrice Belli ripercorre le proprie opere più significative, soffermandosi principalmente sulla prima raccolta di poesie, in cui il tema dell’emancipazione femminile si concentra non tanto sulla rivendicazione dei diritti della donna, quanto sulla celebrazione del suo corpo. Il discorso sulla consapevolezza e sulla responsabilità dell’essere donna spinge Gioconda Belli fino alle origini, al racconto biblico della Genesi, del quale analizza la figura di Eva, simbolo di tentazione ed eterna dannazione che contrasta con i connotati caratteristici della figura di Maria: la prima è rea della propria sensualità perché seduce, la seconda invece, in virtù della sua verginità, è modello di negazione del corpo femminile… E se fosse proprio questa differenza a dar luogo all’originaria fragilità delle donne, il cui corpo può risultare così contraddittorio da rappresentare la carnalità ma anche simboleggiare la purezza?

Questa fragilità rientra in una categoria ben più ampia: la fragilità della vita. La stessa autrice ne ha avuto la cruda conferma vivendo e partecipando attivamente alla rivoluzione Sandinista durante la quale aveva fatto parte di una cellula di cui solo un altro membro, oltre a lei, è sopravvissuto. “Vivere una guerra, che sia una rivoluzione o meno,” racconta la Belli, “è un’esperienza di vita a contatto con la morte.” È proprio quest’ultima a cambiare il rapporto con la vita e la visione della stessa. Ci si rende conto della effettiva fragilità della vita, del fatto che basti un attimo per spezzarla, solo quando si perdono amici tutti i giorni, quando l’orrore e il dolore si accumulano oscurando e cancellando i sogni e le speranze. È in questa situazione, però, che si comprende qualcosa di profondamente umano: la necessità di non restare soli, perché la compagnia di chiunque è l’unico rimedio all’attacco dei propri dubbi e delle proprie paure. La cosa peggiore, ha sottolineato l’autrice, è che gli ideali, per cui le persone hanno combattuto e hanno sacrificato le proprie vite, sono stati avvelenati entrando a contatto con il potere, rendendo illusori i sogni e le aspirazioni, vani gli spargimenti di sangue. È una denuncia, quella della Belli, nei confronti di tutti coloro che hanno dimenticato il passato, perché solo la memoria può impedire che ciò continui ad accadere. Solo la conoscenza del passato, la coscienza che ciò che è accaduto può accadere ancora, possono impedire che i sacrifici siano vani e che si ripetano gli stessi errori. La memoria è un tema particolarmente importante per la scrittrice, che crede molto nella possibilità del genere umano di migliorare, sapendo cosa ha dovuto affrontare per giungere al punto in cui ora si trova. “La condizione umana è il risultato di esperienze costruttive fin dal primo uomo e dalla prima donna” spiega. Tutto ciò che è accaduto deve essere ricordato proprio perché ha portato a miglioramenti, ma non bisogna mai dimenticare il prezzo che è stato pagato. È nella memoria che, secondo Gioconda Belli, si trova il vero scopo della letteratura, ovvero quello di trasmettere ai lettori dei valori, che poi spetta a loro interpretare. “Gli scrittori hanno bisogno di lettori,” dice infatti, “lettori disposti a leggere e a capire ciò che leggono.” Persone, quindi, che riescano ad assimilare e interpretare le parole, scovando i messaggi che gli autori lasciano tra le lettere per loro, in attesa che li trovino e comprendano l’importanza del loro compito: ricordare e far ricordare. “La parola” aggiunge con convinzione “ha la possibilità di cambiare gli esseri umani.”

È con questa frase che si conclude l’incontro di apertura del festival, vi auguriamo buona Dedica!

Marika Di Pietro, Alice Libera Donno, Liceo Scientifico M. Grigoletti Pordenone