Geni si nasce o si diventa?
Questa è la domanda cardine dell’incontro tenuto giovedì 9 maggio dall’autore italo-colombiano Juan Esteban Constaín “Gabriel García Márquez e l’Italia“. Constaín ci accompagna nel mondo della letteratura sudamericana del Novecento ripercorrendo le tappe principali della vita di García Márquez, dall’incendio di Bogotá del 1948 (Bogotazo) alla pubblicazione nel 1967 del suo capolavoro Cent’anni di solitudine (Cien años de soledad). Per Constaín, García Márquez è un genio, nato con un “dono divino”: è infatti capace di commuovere le anime di molti attraverso la sua penna. Non va tuttavia trascurata la sua preparazione scolastica: è proprio mentre studia diritto a Bogotá che si innamora della scrittura, interrompendo gli studi e diventando giornalista per “El Espectador”. Come inviato raggiunge l’Europa, prima Ginevra e poi Roma, dove incontra il neorealismo italiano. I film di Vittorio De Sica e Luchino Visconti segnano la svolta nell’approccio di García Márquez alla letteratura verso il suo realismo magico. Descrivere un mondo poetico universale attraverso il dettaglio: questo il prestito dell’Italia alla sua opera. Chiuso in una stanza per sette mesi, circondato solo dal fumo della sua sigaretta e accompagnato da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles come colonna sonora: è così che García Márquez dà alla luce la sua opera maestra, Cent’anni di solitudine. Frutto di numerosi sacrifici, questo romanzo gli consente di “vivere solo del sudore delle sue parole”, coronando così il suo sogno di ragazzo.
Constaín conclude l’incontro con un messaggio universale: “La poesia è l’unica prova concreta dell’esistenza degli uomini sulla Terra.” (Álvaro Mutis)
Maria Guandalini – Martina Piscitelli, Liceo Ariosto Ferrara
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