Imbarcarsi è stato per Elena Stancanelli l’unico modo per comprendere veramente la gravità della condizione dei migranti nel Mediterraneo. Lo racconta in Venne alla spiaggia un assassino, un reportage giornalistico sulla sua esperienza a bordo della ANG (Azione Non Governativa) Mediterranea che ha presentato sabato 11 al Caffè Letterario.  Un titolo d’impatto quello scelto dalla Stancanelli che trae ispirazione da Il Pescatore di De Andrè conciliando la bellezza della spiaggia con la crudeltà dell’assassino. Un titolo che lei definisce “un’illuminazione”. Un titolo che condanna l’indifferenza di molti: assassino non è solo chi agisce materialmente, ma anche chi sta in silenzio a guardare. Dall’altra parte rispetto ai carnefici, però, non ci sono gli eroi, ma i volontari delle ONG, persone comuni che rischiano la vita per qualcosa in cui credono. “La santificazione è l’altra faccia del disprezzo”, questo sostiene la Stancanelli, imbarcarsi, certo, ma senza perdere la propria identità. E’ stato difficile trovare il proprio posto di scrittrice in una situazione a lei del tutto estranea. Forse questa la sfida più grande che però non ferma l’autrice dall’incoraggiare i giovani ad imbarcarsi e seguire le sue orme in un percorso di crescita umana e professionale. L’azione dei volontari si basa su un rapporto di reciprocità: da un lato l’individuo che tende la mano sperando di essere tratto in salvo, dall’altro chi salva perché ha fiducia che sarà salvato a sua volta. Se si rifiuta questo concetto, si mette in discussione il fondamento stesso dell’umanità. Dare peso anche a fenomeni che sembrano lontani dalla nostra quotidianità: ecco l’unico modo per iniziare a contribuire alla risoluzione del problema.

Martina Piscitelli, Maria Guandalini – Liceo Ariosto