La letteratura latinoamericana esiste davvero? Questo è l’interrogativo che è stato discusso tra alcuni dei più importanti scrittori contemporanei sudamericani sabato 11 maggio al Salone. Le risposte alla provocazione sono state diverse, ma ogni autore ha sottolineato l’esistenza di una letteratura latinoamericana che però non corrisponde all’identità latinoamericana. Ha senso definirsi scrittori latinoamericani, come spiega Juan Villoro, ma nella maggior parte dei casi si tratta di una definizione artificiale che non tiene conto dell’autenticità dei singoli paesi. In particolare, a seguito del boom delle vendite dei romanzi appartenenti alla corrente del realismo magico, sono sempre più pressanti le esigenze commerciali che tendono ad assecondare il desiderio di esotismo dello straniero.
Un intervento significativo quello di Emiliano Monge, che ha tenuto a distinguere il canone dalla tradizione. Infatti mentre il canone è imposto da “un centro di potere esterno”, la tradizione è parte dell’intima sensibilità della comunità. Quest’ultima, secondo lo scrittore messicano, è stata creata dai padri letterari comuni dell’America Latina che hanno permesso l’indipendenza culturale dal continente europeo. Nel corso del tempo, inoltre, il progetto della letteratura latinoamericana è cambiato profondamente e per questo non è possibile continuare a parlare di un canone letterario, basato sul realismo magico, perché si tratta di qualcosa in costante evoluzione.
Più radicale e critico è stato l’intervento del noto scrittore Luis Sepùlveda. L’autore ha spiegato come è stato possibile difendere l’identità latinoamericana nel passato ma, a seguito della frammentazione politica e dei disordini sociali, attualmente non può esistere. L’unica affermazione identitaria ancora possibile è “narrare e resistere”.
Questo interrogativo rimane quindi ancora aperto. Dopo aver ascoltato le opinioni degli autori possiamo concludere che la letteratura latinoamericana non può essere imprigionata in un’unica definizione, ma solo apprezzata nella sua complessità.
Antonia Romagnoli e Emilia Ciatti
Liceo Ariosto di Ferrara
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