“La grande letteratura non è una cartolina”. Estrapolata dal contesto, può sembrare una frase un po’ artefatta; si tratta, invece, della prima, spontanea espressione con cui Jhumba Lahiri ha dato forma a ciò che aveva in mente, riguardo all’obiettivo del suo ultimo libro, presentato ieri nella Sala Viola dell’Oval.

Racconti italiani scelti e introdotti da Jhumpa Lahiri, pubblicato in Italia da Guanda e nei paesi anglofoni da Penguin, è un omaggio alla letteratura italiana, un dono, da parte di un’autrice straniera, di formazione statunitense, ma innamorata della nostra lingua e della nostra cultura.

Si tratta di un’antologia di racconti di 40 autori italiani del secolo scorso, dentro la quale Jhumpa ha concentrato quello che secondo lei è il meglio della letteratura novecentesca del nostro Paese. Nonostante sia pensata per il pubblico anglofono e volta, quindi, a presentare la prosa italiana a coloro che non la padroneggiano, tale raccolta rappresenta anche un invito a noi italiani a riscoprire autori meno conosciuti, che sono rimasti nell’ombra di grandi firme straniere.

L’autrice ha presentato il suo libro in compagnia di Elena Stancanelli e Chiara Fenoglio, che hanno dato vita a un confronto molto articolato, attraverso domande e considerazioni personali.
Chiara Fenoglio, in particolare, si è soffermata sull’importanza della scelta del genere del racconto: in un periodo in cui si tende a preferire il romanzo, la scelta di focalizzarsi sui racconti della nostra tradizione letteraria va totalmente contro corrente. Jhumpa Lahiri dichiara di essere innamorata della forma breve, grazie alla quale ha di fatto imparato a scrivere, in quanto è la più affine alla poesia. Un racconto è spontaneo, autonomo, non necessita di essere programmato prima o di inserirsi fin da subito all’interno di un progetto di pubblicazione.

Altra caratteristica importante di questa antologia è quella di non lasciare emergere alcun tipo di cliqué sull’Italia e sui suoi abitanti. Jhumpa aveva il chiaro obiettivo di presentare la letteratura italiana, ponendola sullo stesso piano di quella anglofona, raccontandola come qualcosa di grande, che parla di tutto e di tutti, di vite quotidiane, di gioie e di drammi.
La letteratura non si limita ad essere lo specchio di tutto ciò che di bello e di frivolo viene normalmente associato al nostro Paese, a farsi portavoce del buon cibo, delle belle spiagge e del sole caldo che il nostro territorio offre ai forestieri. Non è, appunto, una cartolina, un’immagine rigida ed edulcorata della realtà.

Tra gli altri temi toccati, infine, vi è quello dell’identità personale, un concetto sempre difficile da definire, soprattutto quando si lo si associa ad uno scrittore: Jhumpa Lahiri la definisce aperta, mutevole, flessibile e dichiara che la scelta dei 40 autori per la sua antologia si è basata fortemente sul rapporto che questi ultimi hanno avuto con essa. Si tratta per lo più di scrittori con una doppia natura: spiriti ibridi, che hanno dato vita a forme ibride di scrittura, sempre aperti alle novità, spesso propensi a rinnovarsi completamente per scoprire nuovi modi di esprimere se stessi. E’ proprio in tali personaggi che l’autrice riesce a ritrovarsi pienamente, in quanto lei stessa possiede una doppia personalità, una doppia vita, divisa tra l’America e l’Italia, tra l’inglese e l’italiano, tra i lavori di traduzione, la scrittura e l’insegnamento.

Sara Tavella