Vittorio Sgarbi ha presentato il secondo di una raccolta di due volumi pubblicata dalla casa editrice La Nave di Teseo, il primo dei quali aveva trattato l’arte dal neorealismo al futurismo. Questo libro si colloca cronologicamente dal periodo di Lucio Fontana fino a quello di Piero Guccione. Gli artisti citati sono sia grande icone per il mondo dell’arte e della comunicazione sia, principalmente, personaggi straordinari ma poco elogiati. Sgarbi, da quando ha cominciato la propria carriera da critico artistico infatti ha sempre cercato, come in questo caso, di rappresentare interamente il telaio storico-culturale del nostro tempo. Si oppone a chi è selettivo nella scelta di un’opera rispetto a un’altra basandosi sulle proprie ideologie, sui propri sentimenti, emozioni e passioni personali. La notorietà spesso non indica il valore e il suo compito è stato quello di far emergere in questo secolo così complesso, così breve e così ricco, una quantità di autori dimenticati, che rappresentano la parte più suggestiva di questo percorso.
Uno degli artisti, definito da Sgarbi come “Poeta del mondo perduto”, è Giuseppe Ar. Le sue opere erano in una bottega simile a quei salottini anni cinquanta di persone povere ma dignitose. Il proprietario era appassionato di tutto ciò che era scaduto o dimenticato e più indietro rispetto alla percezione dei valori estetici. Sgarbi, nonostante non lo avesse mai sentito nominare, acquistò il suo primo Ar il quale aveva un valore d’acquisto basso e non proporzionato al livello della sua tecnica pittorica crepuscolare. Rimase affascinato dalla capacità dell’artista di racchiudere tutte le sensazioni legate alla sua città natale, Lucera. La finezza nei dettagli di “In attesa del matrimonio”, la capacità di rappresentare la solitudine del “Desco” e la dimensione metafisica dello spazio trasmessa da “Cucina abbandonata” descrivono chi sia Giuseppe Ar.
Sgarbi insegue la bellezza tra descrizione pauperista e la tensione metafisica di un lenzuolo rappresentata da Gianfranco Ferrone, l’astrazione della città descritta da Antonio Garcia, i tagli della tela di Lucio Fontana che sono stati anticipati dalle note pieghe di Antonello, la mediazione tra astrazione e concretezza di Piero Guccione, la capacità di trasmettere l’ansia dei nostri giorni di Leonardo Cremonini…
Valeria Lanero ed Elena Primiceri, liceo Alfieri
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